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Agricoltura: Unimpresa, in 10 anni persi 100mila posti di lavoro

Mario Braga

Più di 100.000 posti di lavoro persi nell’agricoltura e nell’agroalimentare in Italia nell’arco degli ultimi 10 anni. Con la produzione del settore che è rimasta sostanzialmente immobile, passando dai 50 miliardi di euro del 2005 ai 57 miliardi del 2015 con una crescita pari ad appena il 14%, mentre la media europea è stata del 22%. Questi i dati principali di uno studio di Unimpresa pubblicato nel documento inviato al governo con una serie di proposte: l’associazione, in particolare, chiede una cabina di regia che coinvolta scuola e università, con un pacchetto di misure volte a incentivare l’innovazione e a ridurre la burocrazia a carico delle aziende agricole. Il documento è stato approvato ieri dal consiglio nazionale di Unimpresa riunitosi a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. “Va modernizzata l’intera filiera con un patto istituzionale, che coinvolga l’Istruzione e le imprese: anche gli imprenditori devono fare la loro parte, assumendosi maggiori responsabilità perché i rifiuti nel retro della stalla non aiutano a risanare l’azienda” dice il vicepresidente di Unimpresa con delega all’agroalimentare, Mario Braga.

Secondo i dati di Unimpresa, tra il 2005 e il 2015 la produzione agricola italiana è cresciuta solo del 14%, passando da 50 miliardi a 57 miliardi. Nello stesso arco di tempo la crescita media nei paesi membri dell’Unione europea è stata del 22%. Un andamento che, per il nostro Paese, ha comportato, tra l’altro, un sensibile calo dell’occupazione, scesa di 100.000 unità. Insufficienti anche i risultati del rapporto tra export e import: le esportazioni nel 2015 hanno toccato quota 6,6 miliardi, registrando uno crescita rispetto al 2005 di 2,5 miliardi; le importazioni, invece, nel 2015 sono state pari a 13,8 miliardi, in salita di 4,6 miliardi sul 2005. Negativo il confronto, tra Italia ed Europa, anche per quanto riguarda i redditi del settore: se nel nostro Paese sono saliti del 14%, nel Vecchio continente è stato registrato un aumento del 40%.

Regia, programmazione, accompagnamento all’innovazione e allo sviluppo sono i fattori indispensabili menzionati nelle proposte inviata al governo al quale viene chiesto anche una riforma volta alla semplificazione della burocrazia. “Allo stesso tempo gli imprenditori agricoli devono assumersi maggiori responsabilità guardando la realtà in tutti i suoi aspetti. Non meno rilevante è il ruolo che devono svolgere le professioni tecnico intellettuali per promuovere una agricoltura innovativa, con capacità organizzative e tecniche migliori, per favorire aggregazioni, reti e filiere più organizzate e strutturate” si legge nel documento dell’associazione.

Unimpresa propone una soluzione che passa attraverso una stretta sinergia fra istituzioni, imprese agricole e professioni intellettuali volta a favorire la promozione di un “piano di governo del settore agroalimentare”. Il piano andrebbe attuato attraverso uno stretto raccordo con la scuola agraria e le università, le professioni e le imprese demandando al ministero per le Politiche agricole, in sinergia con il ministero della Pubblica istruzione, la competenza in materia di programmazione didattica degli istituti tecnici agrari e delle Università “agrarie”. Anche i settori della ricerca e della sperimentazione pubblici (gestiti dallo Stato e dalle Regioni) vanno riformati raccordandoli all’università, alle imprese agroalimentari e alle professioni intellettuali.

Secondo Unimpresa, è essenziale e urgente è la promozione di una concreta profonda e radicale semplificazione burocratica, attuando il progetto della “Buona burocrazia”, amica e strumento di crescita, qualità e sviluppo. È indispensabile liberare l’agricoltura da un’antistorica pressione burocratica e da una superata rappresentatività di settore.

Il documento analizza anche il fenomeno dei prezzi. Viene suggerito, in particolare, di addentrarsi anche nelle cause che provocano la volatilità dei “listini”, fattore di instabilità, di freno alla programmazione, di rallentamento ai processi di crescita delle reti e della collaborazione fra imprese agroalimentari, è essenziale. Si rileverebbero così anche le cause di responsabilità storico strutturali che hanno rallentato e frenato lo sviluppo del settore agroalimentare. La volatilità dei prezzi in agricoltura determina cicliche crisi che purtroppo trascinano una destrutturazione del settore.

Unimpresa suggerisce, poi, di rivedere profondamente le politiche di finanziamento dei progetti di ammodernamento, innovazione e sviluppo delle imprese. Il credito di rischio e di sviluppo dovrebbe essere riformato costituendo un fondo nazionale dell’agroalimentare. Pur essendo stata assicurata sul pieno coinvolgimento ai tavoli istituzionali non è mai stata coinvolta e convocata.

“Col pensiero rivolto alle gravi difficoltà in cui operano e resistono le imprese agricole delle zone terremotate, esprimendo loro la nostra vicinanza e solidarietà, guardiamo alle agricolture e all’agroalimentare italiano con particolare preoccupazione” spiega ancora Braga, secondo il quale “occorre cambiare marcia passando dalle enunciazioni e dai buoni propositi alle politiche concrete che favoriscano l’ammodernamento dell’intera filiera agro-alimentare, dunque bisogna costruire un nuovo modello agroalimentare italiano”.

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