Con la riforma sull’autonomia differenziata che attribuirà più poteri e fondi a tre regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto) c’è il rischio di dividere in maniera netta l’Italia. Il nostro Paese potrebbe trovarsi sostanzialmente spaccato in due: da una parte il Nord, dall’altra il Sud destinato a restare sempre più indietro. È questo l’allarme lanciato da Unimpresa in relazione alla riforma dell’articolo 116 della Costituzione all’esame del Parlamento. L’analisi di Unimpresa, che prende spunto da rapporti dello Svimez, trae fondamento dalla fotografia dell’attuale situazione: gli studenti meridionali con il tempo pieno erano il 15% contro il 45% del Nord, in Sicilia il 7%; la spesa pubblica nel Mezzogiorno nel 2015 era il 28,6% del totale nazionale, ma nel Mezzogiorno vive il 34,4% degli italiani; nelle Isole era del 7% e nelle Isole vive l’8,4% della popolazione italiana. Secondo il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, “non solo il Sud è più povero rispetto al Nord ma la quota di soldi pubblici assegnata è minore di quella che gli spetterebbe”. Per quanto riguarda il Fondo di sviluppo e coesione, sono stati impegnati solo 1,5 miliardi di euro su 32 miliardi. “E pure i Patti per il Sud risultano non pervenuti” aggiunge ancora il vicepresidente di Unimpresa.
Secondo Unimpresa, con la riforma molte funzioni passeranno dallo Stato centrale alle tre Regioni con conseguenti risorse finanziarie parametrate alla popolazione residente e al gettito dei tributi. Ne consegue che che più la regione è ricca, tante più risorse avrà a disposizione per i suoi servizi. Già adesso il divario tra Nord e Sud è enorme con centinaia di euro a persona messe a disposizione per il welfare al Nord rispetto a poche decine di euro per le stesse cose al Sud. E se le tre Regioni avranno ottenuto più soldi rispetto a quanto pagato per i servizi, l’eventuale avanzo rimarrà a loro disposizione.
“La cosa che però non torna, o per lo meno appare inquietante – osserva Spadafora – è come sia possibile che in un momento storico così particolare, con un partito di Governo, il Movimento 5 Stelle, che ha nel Sud Italia il proprio core business con oltre il 50% dei voti, non stia facendo nulla per evitare questa catastrofe. È anche vero, del resto, che non ha fatto nulla per aumentare gli investimenti in infrastrutture al Sud o per accelerare la creazione di zone permanenti a tassazione agevolata o peggio ancora non sia intervenuta sulle Banche che ancora oggi adottano due pesi e due misure tra Nord e Sud Italia”.
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