Si era rovinato per pagare le tasse, e alla fine era finito davanti al giudice, accusato di bancarotta fraudolenta per avere distratto dal fallimento della sua ditta 430.000 euro. Ma, essendo riuscito a dimostrare che quel denaro era servito per pagare tasse e fornitori, dopo vent’anni di problemi e di cartelle esattoriali e’ arrivata almeno una buona notizia: l’assoluzione “perche’ il fatto non costituisce reato”. I problemi per Giovanni D., 54 anni, di Fara Gera d’Adda in provincia di Bergamo, titolare con la moglie di una ditta di assemblaggio di parti elettriche, erano cominciati nel 1994, quando gli e’ arrivata una cartella esattoriale di 12 milioni di lire relativa a una precedente attivita’ con altri soci. Nel corso degli anni la somma e’ lievitata a 347.000 euro, e l’imprenditore ha dovuto vendere due appartamenti. Anche cosi’ erano rimasti 79.000 euro. Grazie a una rateizzazione riusciva a versare 1.000 euro al mese a
Equitalia tenendo 500 per la famiglia. Infine l’accusa di bancarotta fraudolenta per sottrazione: 244.388 euro tolti dalla sua precedente attivita’ per pagare Equitalia e altri 115.324 dal conto in banca per altri creditori. Ora e’ arrivata l’assoluzione, ma la storia non e’ finita. L’imprenditore (che abita con la famiglia nel suo ex capannone in attesa che vada all’asta) vive di lavoretti saltuari, ha tuttora un debito di 62.000 euro con Equitalia, e due da 190.000 e 62.000 con due banche.
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