“Il processo di consolidamento avviato nel settore bancario italiano presenta dei forti rischi per la concorrenza, con conseguenti effetti negativi per la clientela delle stesse banche, per i territori e per l’intera economia del Paese. Il credito alle imprese, dopo qualche timido segnale di miglioramento favorito dalle garanzie dello Stato sui prestiti, è in una fase di evidente restrizione: nel corso del 2021, gli impieghi degli istituti verso le aziende sono calati di 18 miliardi di euro e questa tendenza non sarà invertita dalla imminente, ulteriore concentrazione dell’industria bancaria italiana”.
Lo dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, commentando il dibattito in corso all’Assiom Forex a Parma. “La presenza ridotta di operatori bancari sarà un freno per la competizione: non è vero, come sostiene il presidente Abi Antonio Patuelli, che dobbiamo guardare a una logica europea perché quel contesto esiste per le regole, ma non per l’attività sui territori. I piani industriali presentati negli ultimi mesi dai principali gruppi bancari del Paese presentano caratteristiche simili: il minimo comune denominatore è la riduzione della presenza fisica attraverso le filiali accompagnata da una forte spinta per il digitale. Le banche sembrano orientate a trasformarsi in fintech, lasciando in secondo piano il comparto dei finanziamenti ai privati: è in atto una profonda trasformazione che porterà le banche a essere sempre più negozi finanziari, molto orientate a produrre ricavi, quindi utili e dividendi, e sempre meno meno interessate a supportare l’economia reale” aggiunge Spadafora. Secondo il vicepresidente di Unimpresa “il comportamento spregiudicato dei vertici degli istituti di credito impoverirà il nostro tessuto economico, con danni per le future generazioni”.
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