Il motore del credito resta inceppato: negli ultimi 12 mesi le sofferenze delle banche sono arrivate a quota 203 miliardi e i prestiti alle aziende sono crollati di 12 miliardi. Da febbraio 2016 a febbraio 2017 i crediti deteriorati sono saliti di 7 miliardi in aumento di oltre il 6%, mentre i finanziamenti alle imprese sono diminuiti da 791 miliardi a 779 miliardi (-1,52%). In aumento, invece, gli impieghi alle famiglie, spinti dal credito al consumo e dai mutui, saliti di oltre 8 miliardi (+1,35%). In calo le sofferenze nette scese a 77 miliardi in diminuzione di 5,5 miliardi (-6,74%). Questi i risultati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il totale dei prestiti al settore privato è passato dai 1.409 miliardi di febbraio 2016 ai 1.405 miliardi di febbraio 2017, con un calo complessivo di quasi 4 miliardi (-0,26%). “Lo Stato salva le banche, con un fondo da 20 miliardi che peraltro potrebbe non bastare, ma non ci sono certezze sulla riapertura dei rubinetti dei finanziamenti: nessuno è in grado di assicurare che ripartiranno” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. “Da quasi 10 anni le aziende italiane, specie quelle più piccole, fanno i conti con un credit crunch violentissimo, che mette in ginocchio l’economia: i prestiti alle imprese diminuiscono al ritmo di 1 miliardo al mese” aggiunge Pucci.
Secondo l’associazione, che ha rielaborato i dati della Banca d’Italia, il totale delle sofferenze lorde è passato dai 196 miliardi di febbraio 2013 ai 203 miliardi di febbraio 2017, con un incremento di 7 miliardi (+3,60%). Sono salite di 6,2 miliardi (+4,51%) le rate non rimborsate dalle aziende passate da 138,8 miliardi a 145,1 miliardi; in aumento di 218 milioni (+0,59%) i finanziamenti non restituiti dalle famiglie passati da 37,2 miliardi a 37,4 miliardi; sono salite, poi, anche le sofferenze delle imprese familiari di 301 milioni (+1,92%) da 15,6 miliardi a 15,9 miliardi. Anche le “altre” sofferenze (quelle di onlus, pubblica amministrazione, fondi) hanno registrato un aumento, passando da 4,2 a 4,4 miliardi con un incremento di 272 milioni (+1,92%). Il rapporto tra sofferenze lorde e prestiti totali ai privati è passato dal 13,91% al 14,45%. Le sofferenze nette (quelle per le quali non ci sono garanzie reali) sono invece calate di 5,5 miliardi (-6,74%) da 82,5 miliardi a 77 miliardi; il rapporto tra sofferenze nette e prestiti totali ai privati è passato dal 5,86% al 5,48%.
Quanto ai prestiti, lo stock degli impieghi al settore privato è passato dai 1.409 miliardi di febbraio 2016 ai 1-405,2 miliardi di febbraio 2017, con una diminuzione di 3,7 miliardi (-0,26%). Sul fronte delle aziende, si registrano decrementi sui finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti alle imprese con scadenza fino a 1 anno (breve periodo) di 12,5 miliardi (-4,49%) da 279.4 miliardi a 266.9 miliardi e sono calati anche quelli oltre 5 anni (lunga durata) di 8,9 miliardi (-2,48%) da 361,8 miliardi a 352,9 miliardi; in aumento, invece, i finanziamenti con scadenza fino a 5 anni (medio periodo) di 9,4 miliardi (+6,32%) da 150 miliardi a 159,5 miliardi. In totale, il credito alle imprese è passato da 791,4 miliardi a 779,3 miliardi, in discesa di 12 miliardi (-1,52%). In netta ripresa, invece, i finanziamenti alle famiglie, spinti dal credito al consumo (i prestiti erogati per comprare soprattutto automobili, elettrodomestici, computer e smartphone) salito di 6,9 miliardi (+8,56%)da 81,5 miliardi a 88,5 miliardi. Ripartono anche i mutui per l’acquisto di abitazioni, aumentati di 5,5 miliardi (+1,34%) da 414,5 miliardi a 420,1 miliardi; in controtendenza, i prestiti personali calati di 4,2 miliardi (-3,47%) da 121,4 miliardi a 117,2 miliardi. In totale i prestiti alle famiglie sono saliti di 8,3 miliardi (+1,35%) passando da 617,6 miliardi a 625,9 miliardi.
“Tra gli addetti ai lavori – osserva ancora il vicepresidente di Unimpresa – si fa strada la convinzione che la crisi delle banche sia figlia della bufera finanziaria e della recessione economica, che l’attuale situazione di difficoltà degli istituti, alle prese con requisiti patrimoniali particolarmente severi, sia legata alla ottusità dei regolatori, italiani ed europei. Non c’è dubbio che la stretta normativa stia giocando un ruolo cruciale nel limitare la circolazione della liquidità nell’economia reale. Tuttavia, prima o poi bisognerà fare la necessaria chiarezza sui responsabili dei dissesti bancari italiani e bisognerà chiedere conto a chi, fino a poco tempo fa, tratteggiava una situazione di assoluta tranquillità, per gli istituti italiani, raccontando fatti che sono stati clamorosamente smentiti”.
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