Le rate non pagate salgono di 28 miliardi da luglio 2014 a luglio 2015. In calo i finanziamenti alle imprese del 2%, ma sugli impieghi ci sono segnali positivi: in ripresa i prestiti alle famiglie grazie al credito al consumo aumentato di oltre 12 miliardi (+21%). Sul versante imprese, aumenta la liquidità a medio termine di quasi 13 miliardi (+10%)
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, in totale le sofferenze sono passate dai 169,1 miliardi di luglio 2014 ai 197,1 miliardi di luglio 2015 (+16,58%) in aumento di 28,1 miliardi. Nel dettaglio, la quota di sofferenze che fa capo alle imprese è salita da 119,4 miliardi a 140,9 (+17,99%) in aumento di 21,4 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 32,8 miliardi a 35,9 miliardi (+9,40%) in salita di 3,1 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 1,6 miliardi da 14,2 miliardi a 15,9 miliardi (+11,43%). Le “altre” sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 2,4 a 4,2 miliardi (+75,31%) con 1,8 miliardi miliardi in più.
Sofferenze più che raddoppiate quattro anni e mezzo, ora valgono il 13,88% dei prestiti
A luglio 2014 le sofferenze corrispondevano all’11,82% dei prestiti bancari (1.429,8 miliardi), percentuale salita al 13,88% a giugno scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano a 1.419,8 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in quattro anni e mezzo, da dicembre 2010 a luglio 2015, sono passate da 77,8 miliardi a 197,1 miliardi in salita di 119,7 miliardi. A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.
Credit crunch: -20 mld ad aziende in un anno
Parallelamente c’è la difficile situazione del credito, i cui rubinetti faticano a riaprirsi. Da luglio 2014 a luglio 2015, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 9,9 miliardi di euro passando da 1.429,8 miliardi a 1.419,8 miliardi. Una riduzione che interessa soprattutto le imprese che nell’ultimo anno hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 10,6 miliardi (-3,46%) da 306,7 miliardi a 296,1 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre a 5 anni) di 22,7 miliardi (-5,75%) da 395,7 miliardi a 373,1 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni), in controtendenza, sono cresciuti di 12,7 miliardi (+9,94%) da 128,3 miliardi a 141,1 miliardi. In totale, lo stock di finanziamenti alle imprese è comunque sceso da 830,9 miliardi a 810,3 miliardi con una diminuzione di 20,6 miliardi (-2,48%). Il quadro per le famiglie migliora grazie all’aumento del credito al consumo e ad accenni di ripresa dei mutui: le erogazioni degli istituti di credito sono complessivamente cresciute di 10,6 miliardi (+1,79%) passando da 598,8 miliardi a 609,5 miliardi. Si registrano meno prestiti personali per 1,7 miliardi (-0,98%) da 180,9 miliardi a 179,1 miliardi. Sale di poco il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti cresciute di 61 milioni (+0,02%) da 359,70 miliardi a 359,76 miliardi; in controtendenza il credito al consumo, salito di 12,4 miliardi (+21,31%) da 58,2 miliardi a 70,6 miliardi.
Longobardi: “Accelerare creazione bad bank”
“Quella del credito resta una situazione gravissima e, di fronte alla sempre maggiore difficoltà, sia delle famiglie sia delle imprese, nel pagare le rate dei finanziamenti, assistiamo a un atteggiamento di superficialità da parte delle istituzioni che dovrebbero accelerare il varo della cosiddetta bad bank, vale a dire una sorta di macchina per ripulire i bilanci delle banche dalle sofferenze che finiscono col frenare le nuove erogazioni” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Negli scorsi mesi – aggiunge Longobardi – i rappresentanti delle banche e quelli delle grandi industrie hanno parlato di un nuovo rapporto tra il mondo del credito e quello delle imprese, ma non se n’è fatto più nulla: Unimpresa è pronta a collaborare e a dare voce a oltre 120mila piccole e micro aziende che quotidianamente si battono per tenere in piedi l’economia del Paese. Ci sono le risorse del quantitative easing della Bce e non vanno sprecate”.
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