Con le nuove regole europee sui conti correnti e sui ritardi dei pagamenti, potrebbe verificarsi un’esplosione repentina e problematica dei non performing loan nei bilanci delle banche. C’è il rischio concreto, dunque, che il risultato finale vada nella direzione diametralmente opposta a quella auspicata dall’Autorità bancaria europea nel momento in cui, a luglio 2016, ha emanato le norme in vigore dallo scorso 1 gennaio.
È quanto rileva il Centro studi di Unimpresa, secondo il quale la stretta dell’Eba potrebbe comportare, inoltre, una sensibile riduzione del credito bancario a imprese e famiglie. Secondo Unimpresa, una delle novità più rilevanti riguarda la soglia degli arretrati: fino allo scorso 31 dicembre, infatti, un debitore era considerato in stato di default se aveva pagamenti arretrati per più di 90 giorni in misura pari al 5% del suo debito: adesso la percentuale è cala all’1%. Le nuove norme comportano anche lo stop alle compensazioni tra linee di credito e raddoppiano lo stato di default: il cliente resta in stato di default, dopo la regolarizzazione dei pagamenti, per altri 90 giorni; fino allo scorso 31 dicembre, invece, lo stato di default terminava saldando i debiti pregressi. Per quanto riguarda la soglia degli arretrati, per fare un esempio, su una linea di credito di 100.000 euro, la soglia rilevante degli arretrati è crollata da 5.000 euro a 1.000 euro: di fatto è stata cancellata la flessibilità delle banche che è essenziale sia per le famiglie sia per le imprese.
«L’Eba ha scritto queste norme per arginare la crescita dei crediti deteriorati, ma temo che si otterrà l’effetto contrario e per una ragione molto semplice: le banche concederanno meno prestiti e saranno costrette a chiedere alla clientela, sia imprese sia famiglie, di rientrare delle precedenti esposizioni. Ragion per cui, proprio le imprese e le famiglie – il fenomeno riguarda 15 milioni di soggetti – si troveranno in difficoltà, i problemi saranno diversi: onorare le scadenze con le banche, pagare i fornitori e i dipendenti, versare le tasse e i contributi previdenziali» commenta il vicepresidente di Unimpresa. «Per quanto riguarda gli istituti di credito, saranno costretti a fare maggiori accantonamenti per coprire l’aumento repentino degli stessi npl e in ogni caso dovranno gestire i rapporti con la clientela avendo meno flessibilità a disposizione. Basta avere piccoli arretrati per trovarsi nei guai: un ritardo di 90 giorni pari a 100 euro per le famiglie e 500 euro per le imprese comporta la segnalazione alla Centrale rischi, passaggio che si traduce in tre anni di blocco ai rapporti con le banche, dai nuovi prestiti alle carte di credito» spiega il vicepresidente di Unimpresa. «Imprese e famiglie hanno meno liquidità a disposizione ed è un dramma in una fase complessa, con una situazione economica resa drammatica dagli effetti della pandemia» aggiunge. «L’Abi sostiene di aver battuto i pugni sul tavolo da tempo: a noi, tuttavia, risulta che la prima mossa concreta sia stata fatta solo il 28 dicembre scorso, con una lettera indirizzata all’Unione europea, due giorni dopo il nostro comunicato stampa che ha posto la questione al centro del dibattito pubblico per la prima volta: se si parla di questo argomento, insomma, è merito nostro» osserva il vicepresidente di Unimpresa.
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