Sulle garanzie dello Stato per i nuovi finanziamenti alle imprese è stato fatto qualcosa allungando fino al 30 giugno il sostegno pubblico, ma c’è il rischio di pesanti esclusioni e discriminazioni. Per le banche sarà più semplice dare liquidità alle aziende; tuttavia, il presupposto per ottenere la garanzia dello Stato, per le aziende in corsa per un prestito, è essere in difficoltà per l’aumento dei prezzi dell’energia: si tratta di un limite importante, che potrebbe penalizzare molte realtà economiche, specie quelle dei servizi o della ristorazione e del turismo, sulle quali il peso del costo energetico è senza dubbio inferiore al settore manifatturiero. Lo segnala il Centro studi di Unimpresa, in relazione alla misura contenuta nel decreto sostegni approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana. Secondo Unimpresa, nulla è stato fatto, invece, per le moratorie, cioè la norma che consentiva di congelare le rate di vecchi prestiti, non sono state rinnovate: sono scadute a dicembre e per quasi 700mila imprese, che avevano congelato quasi 27 miliardi di euro di finanziamenti, c’è il rischio di dissesto finanziario. «Occorre sottolineare che il governo, di là da ragioni politiche, non ha potuto fare di più perché le norme europee vietano ulteriori proroghe. La questione ruota attorno ai limiti dell’Unione europea sugli aiuti di Stato: i sostegni pubblici sono selezionati e legati a specifiche condizioni, anche temporali. E poi ci sono anche le norme più specifiche dell’Eba, l’autorità bancaria europea, che impone in ogni caso alle banche di classificare i prestiti congelati con le moratorie come crediti a rischio» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «In queste situazioni, ci si rende conto, con l’amaro in bocca, che la cornice europea, se in taluni ambiti rappresenta una garanzia, per esempio, di stabilità finanziaria, in molti altri versanti restringe sensibilmente lo spazio di manovra dei singoli governi. Una costrizione che appare ancor più fastidiosa in circostanze come quelle attuali, in cui una crisi sanitaria si è trasformata in una pesante recessione economica: l’emergenza andrebbe affrontata con misure e interventi normativi» aggiunge Spadafora.Secondo il Centro studi di Unimpresa, l’assenza delle garanzie di Stato sui prestiti rappresenterà un ulteriore freno all’erogazione di nuovo credito alle imprese italiane, specie quelle più piccole. Un quadro già fortemente penalizzato non solo dalle regole europee sui più severi requisiti di capitale delle banche e sulla rigida gestione delle sofferenze, ma anche dal profondo cambiamento di business in corso nel settore bancario italiano. I principali gruppi creditizi del nostro Paese, infatti, stanno spostando l’attenzione sulla vendita di prodotti finanziari, sul risparmio gestito e sul comparto assicurativo in una chiave complessiva di digitalizzazione del settore. Una tendenza assai marcata che si nota a cominciare dal principale gruppo bancario, che ha appena presentato il nuovo piano industriale, di fatto volto a ridimensionare l’attenzione ai territori, anche con una drastica riduzione della presenza sul territorio, chiudendo una fetta rilevante delle filiali. Le banche italiane, insomma, stanno “rottamando” il vecchio sistema di agenzie, lasciando un vuoto, per quanto riguarda l’attività creditizia, che al momento non è facilmente colmabile.«La scelta dei vertici del settore bancario non appare orientata a fare sistema, come si diceva un tempo, ma solo a massimizzare i profitti, quindi gli utili e i dividendi che, poi, garantiscono premi milionari agli stessi top manager» spiega Spadafora. «Ecco perché, anche forzando la mano con l’Unione europea, il governo guidato da Mario Draghi deve trovare lo spazio per potere estendere l’operatività delle garanzie pubbliche sui nuovi finanziamenti cercando altresì di rinnovare anche le moratorie sui vecchi prestiti. Si tratta di una scelta non rinviabile, da attuare con la massima urgenza, se si vuole evitare una gigantesca crisi di liquidità per le aziende italiane» dice il vicepresidente di Unimpresa.
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