Report del Centro studi dell’associazione. L’esborso fiscale sugli extra profitti a carico del settore bancario, al massimo di 3,2 miliardi di euro, verrà compensato dai maggiori interessi sulle obbligazioni statali che lo Stato pagherà agli istituti di credito. Sul totale di 2.848 miliardi di debito pubblico, il 26,9% è in mano agli investitori esteri, il 25,4% alla Banca d’Italia, il 23,7% alle banche, il 12,2% ai fondi e l’11,8% alle famiglie. Il vicepresidente Spadafora: «Il prelievo colpisce una rendita di posizione»
La tassa sugli extra profitti delle banche potrebbe risolversi con una partita di giro nel bilancio pubblico: l’esborso a carico del settore bancario, al massimo di 3,2 miliardi di euro, potrebbe essere compensato dai maggiori interessi su bot e btp che lo Stato pagherà agli istituti di credito. Nel 2024, infatti, a causa dell’aumento del costo del denaro, anche la remunerazione dei titoli di Stato è destinata a salire: l’incremento di circa 15 miliardi potrebbe far salire il conto finale sulle casse statali da 85 a 100 miliardi. Una variazione del 17,6% di cui beneficieranno tutte le categorie di detentori di obbligazioni emesse dal Tesoro: 3,8 miliardi in più alla Banca d’Italia, 3,5 miliardi in aggiunta alle banche, 1,8 miliardi aggiuntivi ai fondi d’investimenti, un “premio” di 1,7 miliardi per le famiglie e un bonus di 4 miliardi per gli investitori esteri. È quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui sul totale di 2.848 miliardi di debito pubblico, il 26,9% è in mano agli investitori esteri, il 25,4% alla Banca d’Italia, il 23,7% alle banche, il 12,2% ai fondi e l’11,8% alle famiglie. «Non solo le banche hanno un tax rate molto basso, appena il 17,1%, ma di fatto, in termini di cassa, non accuseranno il colpo della tassa varata dal governo. Una manovra, quella dell’esecutivo, che non colpisce il mercato, ma una rendita di posizione determinata da elementi che nulla a che vedere hanno con il rischio d’impresa. Si tratta di redistribuire risorse alla collettività in un momento tutt’altro che semplice per l’economia italiana, piegata da una incertezza enorme. Le stime del pil per il 2023 e per il 2024 sono state riviste al ribasso e con una crescita dello 0,8% per l’intero biennio corriamo il rischio di insabbiarci in una pericolosa stagnazione. Ecco perché serve il contributo di tutti, soprattutto di quei settori che hanno maggiormente beneficiato della politica monetaria rispetto ad altri che ne pagano le conseguenze» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il documento del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, l’incremento del costo del denaro deliberato dalla Banca centrale europea, nell’ambito della politica monetaria restrittiva volta a contenere l’inflazione, comporterà, per le casse dello Stato, un aggravio in termini di una maggiore spesa per interessi sui titoli pubblici: nel Documento di economia e finanza (Def) approvato lo scorso aprile, il costo del servizio del debito per il 2024 era stimato in 85,1 miliardi, ma con la Nota di aggiornamento allo stesso Def (che verrà licenziata il prossimo 27 settembre) questa voce del bilancio potrebbe essere rivista al rialzo e portata a 100,1 miliardi. La stima preliminare è di un extra costo pari a 14-15 miliardi che si traduce in un aumento del 17,6%. A giugno scorso il totale del debito pubblico era pari a 2.848,1 miliardi di euro: il 26,9% pari a 766,6 miliardi è sottoscritto da investitori esteri, il 25,4% cioè 723,2 miliardi è detenuto dalla Banca d’Italia, il 23,7% ovvero 675,4 miliardi è nei portafogli delle banche, il 12,2% pari a 347,6 miliardi è in mano ai fondi e il restante 11,8% cioè 335,1 miliardi è posseduto dalle famiglie.
I maggiori interessi faranno consequenzialmente salire l’incasso per tutte le fasce di sottoscrittori di titoli di Stato: per gli investitori esteri il vantaggio sarà pari a 4 miliardi (da 22,9 miliardi a 26,9 miliardi), per la Banca d’Italia il “premio” sarà pari a 3,8 miliardi (da 21,6 miliardi a 25,4 miliardi), per le banche è prevedibile un bonus di 3,5 miliardi (da 20,2 miliardi a 23,7 miliardi), per i fondi ci sarà una remunerazione aggiuntiva di 1,8 miliardi (da 10,3 miliardi a 12,2 miliardi) e le famiglie potranno beneficiare di 1,7 miliardi in più (da 10 miliardi a 11,7 miliardi). Il maggior incasso per le banche si sovrappone alla cifra massima che l’intero settore potrebbe essere chiamato a versare nelle casse dello Stato con la tassa sugli extraprofitti: il gettito del prelievo fiscale, ancora all’esame del Parlamento e quindi potenzialmente soggetto a correzioni, peraltro non remote e destinate a ridimensionare la portata del tributo straordinario, sarà pari al massimo a 3,2 miliardi. L’attuale formulazione della norma approvata ad agosto, volta a colpire i guadagni straordinari delle banche sul fronte del margine d’interesse favoriti dalla fiammata del costo del denaro, fissa nello 0,1% degli attivi del settore a dicembre 2022 (3.299 miliardi) il gettito massimo a carico delle banche: quindi quei 3,2 miliardi di tassa sugli extraprofitti pagati all’erario verrebbero ampiamente compensati dai 3,5 miliardi in più pagati dal Tesoro ai sottoscrittori di bot e btp.
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