Meno prestiti per quasi 30 miliardi di euro. Tassi d’interesse in crescita di un punto, dal 4,30% al 5,26%. E molti più problemi nel pagare le rate di vecchi finanziamenti, con gli arretrati aumentati di circa il 9%. Per le imprese italiane gli ultimi 12 mesi, il rapporto con le banche si è fatto sempre più controverso: la maggiore restrizione degli istituti nel concedere nuovo credito, divenuto assai più costoso a motivo dell’aumento del costo del denaro, si accompagna una crescente difficoltà nell’onorare le scadenze dei finanziamenti cosiddetti “in essere”, con le sofferenze bancarie salite di quasi 1,5 miliardi. È quanto segnala il Centro studi di Unimpresa, secondo cui da marzo 2023 a marzo 2024, lo stock totale di prestiti bancari alle imprese italiane è crollato del 4,6%, da 643 miliardi a 613 miliardi. «La riduzione del totale dei prestiti rappresenta un duro colpo per le imprese, che potrebbero trovarsi in difficoltà nell’avere a disposizione la liquidità essenziale per la loro attività. L’incremento dei tassi d’interesse di quasi un punto ha reso il credito notevolmente più costoso per le imprese, riducendo ulteriormente la loro capacità di investimento e crescita. La salita delle sofferenze evidenzia una maggiore difficoltà nel pagamento delle rate dei finanziamenti esistenti, con potenziali rischi per la stabilità finanziaria delle imprese» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha rapidamente analizzato i dati diffusi questa mattina dalla Banca d’Italia, da marzo 2023 a marzo 2024, il totale dei prestiti concessi dalle banche alle imprese italiane è calato da 643,1 miliardi a 613,3 miliardi con una discesa di 29,7 miliardi (-4,6%). Nello stesso periodo, i tassi d’interesse sono saliti di quasi un punto, dal 4,30% al 5,26%, seguendo un percorso di crescita costante iniziato nell’estate 2022 quando la Banca centrale europea ha avviato la politica monetaria restrittiva, alzando sistematicamente il livello del costo del denaro fino al 4,5% di settembre 2023. La restrizione sul fronte dei nuovi crediti, cagionata soprattutto dalla fiammata dei tassi, ha avuto riflessi anche sul pagamento delle rate dei finanziamenti erogati negli scorsi anni e non ancora rimborsati. Il totale delle sofferenze bancarie riconducibili alle imprese, infatti, è salito di ben 1 miliardo e 495 milioni: dai 17 miliardi e 288 milioni di marzo 2023 si è passati a 18 miliardi e 783 milioni di marzo scorso, pari a una salita dell’8,6% in appena 12 mesi.
«Nella definizione della politica monetaria, giudicata da molti osservatori troppo aggressiva, non sono state considerate appieno le conseguenze negative sul tessuto imprenditoriale italiano. Sarebbe servito un maggiore equilibrio tra la lotta all’inflazione e il sostegno alla crescita economica, per garantire condizioni finanziarie favorevoli per le imprese e stimolare gli investimenti e l’occupazione. Noi confidiamo in un avvio del taglio del costo del denaro, da parte della Bce, a giugno. Tuttavia, qualora la prima riduzione tassi fosse rinviata, riteniamo indispensabile attenuare gli effetti dannosi di questa politica monetaria restrittiva, magari attraverso misure di sostegno specifiche per le imprese italiane e una revisione delle politiche fiscali in grado di garantire una maggiore stabilità e sostenibilità economica nel lungo periodo» aggiunge Spadafora.
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