Sempre più soldi alla pubblica amministrazione. Sempre meno sostegno a famiglie e imprese. Tra gennaio e settembre sono cresciuti di 17,3 miliardi di euro i finanziamenti bancari alla pa e, allo stesso tempo sono calati rispettivamente di 29,1 e 7,2 (per un totale di 36,3 miliardi) i prestiti alle aziende e ai cittadini. Una tendenza, quella degli impieghi bancari diretti con maggiore preferenza verso gli apparati statali e degli enti locali, già rilevato in un precedente rapporto, e confermato con dati ancor più gravi nel secondo studio flash del Centro studi Unimpresa “Un anno di credit crunch”.
In soli otto mesi, da gennaio a settembre di quest’anno, gli impieghi degli istituti verso lo Stato sono passati da 1.973 miliardi di euro a 1.991 miliardi di euro, con un incremento di 17,3 miliardi (più di 2 miliardi in più in media al mese). In particolare, sono cresciuti di 25,4 miliardi di euro i prestiti a 1 anno a fronte di un calo sia di quelli fino a 5 anni (-4,5 miliardi) sia di quelli oltre 5 anni (-3,5 miliardi).
Sul versante delle imprese, lo stock dei finanziamenti è passato da 899 miliardi di euro a 870 miliardi, con una riduzione complessiva di 29,1 miliardi. Tagliati tutti e tre i tipi di finanziamenti per durata: fino a 1 anno (-21,4 miliardi), fino a 5 anni (-611 milioni), oltre 5 anni (-7 miliardi). Per quanto riguarda le aziende, risulta evidente che la stretta creditizia agisce sopratutto sui finanziamenti a brevissimo periodo, quelli necessari a sostenere la cassa e la liquidità ordinaria. Un dato che sembra non confermare la tesi di alcuni esponenti del sistema bancario, convinti che la riduzione dei prestiti sia riconducibile per lo più a una minor richiesta di denaro da parte degli imprenditori per finanziare gli investimenti, solitamente sostenuti con credito a medio-lungo termine.
Una fotografia che, salvo piccole eccezioni, rispecchia anche il ritmo dei finanziamenti alle famiglie: mutui, credito al consumo e altri prestiti hanno risentito della politica restrittiva da parte delle banche nel corso 2012. Il credito al consumo oltre 5 anni – vale a dire quello che finanzia gli acquisti delle famiglie più importanti dopo le abitazione, come automobili ed elettrodomestici – si è ridotto, guardando allo stock, di 1,9 miliardi di euro (-4,87%), passando dai 40,8 di gennaio ai 38,8 di settembre. Fermo il mercato dei mutui: passato dai 366,2 miliardi di gennaio ai 365,2 di settembre (-2,33%).
“E’ evidente – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – che proprio in banca si sta inceppando l’ingranaggio principale per sostenere la ripresa dell’economia: da una parte non viene sostenuta la piccola liquidità dell’impresa, che corre il rischio così di non poter onorare i pagamenti coi fornitori e, soprattutto, di non pagare gli stipendi ai lavoratori; dall’altra non viene concesso denaro alle famiglie e così si bloccano i consumi”. Secondo Longobardi “l’Europa dovrebbe imitare gli Stati Uniti dove hanno capito che il futuro non si gioca più sulla speculazione finanziaria, ma proprio sul credito e sul sostegno all’economia reale. Ecco perché la Federal reserve ha chiesto il rinvio dell’applicazione di Basilea3, le norme sul rapporto banche-imprese che dovrebbero entrare in vigore a gennaio 2013: l’Unione europea deve riflettere perché questo non è il momento di stringere la regolamentazione sul credito ma, semmai, di allentarla”.
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