Più di un’azienda su due denuncia gravi problemi con le banche. Nei primi quattro mesi del 2012, oltre il 60% delle 130mila associate a Unimpresa dichiara di aver avuto dagli istituti richieste di “rientro” sugli affidamenti e un calo vertiginoso sul fronte delle nuove linee di credito. Il sondaggio è stato condotto tra l’1 e l’8 maggio dal Centro studi Unimpresa prendendo in considerazione il primo quadrimestre di quest’anno e ha interessato tutte le categorie e i settori produttivi: dall’industria ai servizi – spiega la ricerca – c’è un dato costante: in media il 63,2% delle imprese italiane si trova a fare i conti con una generale restrizione delle politiche sugli impieghi da parte dell’industria bancaria del Paese. Soffrono tutti, ma in particolare l’edilizia (è al 72,1% la percentuale di imprese in difficoltà), l’industria tessile (69,5%) e alimentare (65,1%). Da rilevare poi l’agricoltura (68,4%), il commercio (65,3) e i trasporti (55,2%). Anche i dati ufficiali confermano la crisi del credito. A marzo gli impieghi delle banche, infatti, hanno registrato un’altra battuta d’arresto: il ritmo di crescita è calato all’1,16% dall’1,18% di febbraio. Calo ancora più evidente se si limita l’analisi ai soli prestiti a un anno: il ritmo di crescita è crollato allo 0,96% dall’1,65%. Un quadro negativo che potrebbe essere peggiorato dall’entrata in vigore di Basilea 3: l’entrata in vigore delle nuove regole sui requisiti patrimoniali delle banche, secondo il Centro studi Unimpresa, potrebbe cagionare una perdita di pil pari all’1,4%, cioè circa 22 miliardi di euro.
“La questione credito non è nuova, ma a questo punto non si può più perdere tempo: il Governo guidato dal professor Mario Monti se ne deve occupare a stretto giro” dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Tra ritardi di pagamento della pubblica amministrazione e guai allo sportello – aggiunge – stiamo consegnando l’economia in mano alle mafie, come dimostra una nostra recente inchiesta”. Secondo Longobardi “chi ha problemi di liquidità si trova di fronte a un bivio pericoloso: o bussa alla porta della criminalità organizzata, che ogni anno deve riciclare circa 150miliardi di euro di denaro sporco, oppure si rifugia in gesti disperati”.
Di qui l’appello al presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari (nella foto), “per un confronto specifico – spiega Longobardi – proprio sulla questione relativa alla criminalità organizzata: una questione a nostro avviso sottovalutata dagli stessi banchieri; ma vale la pena sottolineare che se le imprese finiscono nella rete dei criminali, a rimetterci è pure il sistema bancario che non avrà più una clientela sana”.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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