Non si ferma il credit crunch per le aziende italiane: i prestiti delle banche alle imprese, nel corso dell’ultimo anno anno, sono calati di quasi 50 miliardi di euro (-6,24%) nonostante l’aumento di 7 miliardi dei finanziamenti a medio termine. A pesare sul calo è la diminuzione di oltre 27 miliardi dei finanziamenti a breve e di oltre 28 miliardi di quelli di lungo periodo. In aumento di 4,3 miliardi, invece, i prestiti alle famiglie, spinti dal credito al consumo (+8,3 miliardi) e dai mutui (+7,6 miliardi), comparti che hanno compensato la riduzione di oltre 10 miliardi dei prestiti personali. In totale, lo stock di impieghi al settore privato è diminuito di 44 miliardi, passando da 1.405 miliardi a 1.360 miliardi. Quasi 4 miliardi al mese in meno ad aziende e cittadini. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale le rate non pagate (sofferenze) sono calate: nell’ultimo anno si è registrata una diminuzione di oltre 27 miliardi (-13,62%) da 200 miliardi a 172 miliardi. “L’andamento dei prestiti al settore privato, in particolare per quanto riguarda le aziende, continua a essere critico e perciò guardiamo con estrema preoccupazione alle nuove regole, appena annunciate, da parte della vigilanza della Bce sugli istituti di credito: si tratta un meccanismo perverso e folle che corre il rischio di farci assistere a una ulteriore restrizione delle condizioni di accesso alla liquidità da parte delle micro, piccole e medie imprese ” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.
Secondo il rapporto dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, il totale dei prestiti al settore privato è calato negli ultimi 12 mesi di 44,5 miliardi (-3,17%) passando dai 1.405,5 miliardi di agosto 2016 ai 1.360,9 miliardi di agosto 2017. Nel dettaglio, è calato di 48,9 miliardi (-6,24%) lo stock di finanziamenti alle imprese passati da 784,2 miliardi a 735,2 miliardi: nel dettaglio, sono calati di 27,2 miliardi (-10,09%) da 269,9 miliardi a 242,7 miliardi i crediti a breve termine (fino a 1 anno); giù di 28,6 miliardi (-7,96%) i prestiti di lunga durata (oltre 5 anni) scesi da 359,7 miliardi a 331,1 miliardi; sono invece cresciuti di 6,9 miliardi (+4,49%) i finanziamenti di medio periodo (fino a 5 anni) passati da 154,4 miliardi a 161,4 miliardi. Risultano complessivamente in aumento di 4,3 miliardi (+0,70%) i prestiti alle famiglie, passati da 621,3 miliardi a 625,6 miliardi: in particolare, è salito di 8,3 miliardi (+9,90%) il credito al consumo (denaro concesso per acquistare elettrodomestici, automobili, televisori e smartphone) passato da 84,3 miliardi a 92,6 miliardi; in aumento anche i mutui di 7,6 miliardi (+2,10%), saliti da 364,7 miliardi a 372,4 miliardi; in calo, invece, i prestiti personali, scesi di 11,6 miliardi (-6,77%) da 172,2 miliardi a 160,6 miliardi.
Per quanto riguarda i prestiti non rimborsati, si registra un forte calo delle sofferenze lorde, crollate in totale di 27,6 miliardi (-13,62%) dai 200,1 miliardi di agosto 2016 ai 172,8 miliardi di agosto 2017. Il rapporto tra sofferenze lorde e prestiti è passato dal 14,24% al 12,70%. Sono calate di 21,5 miliardi (-15,11%) le rate non pagate dalle aziende, scese da 142,7 miliardi a 121,1 miliardi; in diminuzione di 3,2 miliardi (-8,83%) anche i crediti deteriorati riconducibili alle famiglie, passati da 37,2 miliardi a 33,9 miliardi e continuano a calare anche quelli legati alle imprese familiari, scesi da 15,7 miliardi a 14,1 miliardi, in contrazione di 1,6 miliardi (-10,50%); risultano in calo di 754 milioni (-17,44%) anche le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni, dei fondi e delle onlus, passate da 4,3 miliardi a 3,5 miliardi (-18,43%). Il totale delle sofferenze nette, ovvero quelle non coperte direttamente da garanzie, è diminuito di 18,5 miliardi (-22,00%) da 84,4 miliardi a 65,8 miliardi. Il rapporto tra sofferenze nette e prestiti è passato dal 5,99% al 4,80%.
“Vista la situazione, riteniamo estremamente grave l’approccio regolatorio della Bce. Quelle appena annunciate sono regole severissime, che, peraltro, non tengono conto delle peculiarità dei singoli paesi e in particolare dell’Italia, dove i tempi di recupero crediti, dettati da una giustizia civile troppo lenta, risultano assai più lunghi rispetto a quelli di altri mercati europei. Da questo punto di vista, va detto che governo e parlamento in questa legislatura hanno fatto assai poco per velocizzare i meccanismi delle procedure concorsuali e l’iter burocratico volto a tutelare i creditori di soggetti in crisi che non pagano” aggiunge il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.
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