Rapporto del Centro studi dell’associazione. È credit crunch: i finanziamenti alle imprese sono scesi del 2,8% nell’ultimo anno, da 682 a 662 miliardi: -17 miliardi i crediti di breve periodo, -18 miliardi quelli fino a 5 anni e +15 miliardi quelli di lungo periodo. In netta controtendenza il credito alle famiglie (+18 miliardi) trainato dal boom dei mutui (+17 miliardi). Prosegue la pulizia dei bilanci bancari dai crediti deteriorati, calati di 18 miliardi tra novembre 2020 e novembre 2021, ma le sofferenze nette sono tornate a salire negli ultimi mesi: dai 15 miliardi di settembre ai 18 miliardi di novembre. Il vicepresidente Spadafora: «Si sta creando una preoccupante situazione che potrebbe essere aggravata dalla scadenza delle misure sulle garanzie di Stato. Per le imprese ci sarà una clamorosa emergenza liquidità»
Credit crunch per le imprese: negli ultimi 12 mese sono diminuiti di oltre 18 miliardi di euro i crediti alle aziende italiane. Da novembre 2020 a novembre 2021, lo stock degli impieghi delle banche verso le imprese è calato da 677,5 miliardi a 659,2 miliardi con una contrazione che sfiora il 3%. Va decisamente meglio sul versante dei finanziamenti alle famiglie, saliti di 18,6 miliardi (+2%), da 641,6 a 660,3 miliardi, trainati dalla crescita dei mutui, aumentati di oltre 17 miliardi (+4%). Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale nell’ultimo anno è proseguita la diminuzione dei crediti deteriorati: il totale dei prestiti non rimborsati è passato da 62 miliardi a circa 43 miliardi, in discesa di oltre 18 miliardi (-29%), ma le sofferenze nette sono tornate a salire, dai 15 miliardi di settembre ai 18 miliardi di novembre. «Si sta creando una preoccupante situazione che potrebbe essere aggravata dalla scadenza delle misure sulle garanzie di Stato. Per le imprese ci sarà una clamorosa emergenza liquidità» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Le banche hanno approfittato delle misure di sostegno pubblico soprattutto all’inizio della pandemia, sostituendo vecchie linee di credito erogate con poche garanzie, con nuovi finanziamenti coperti da Mcc e Sace. Il solito giochetto che porta a socializzare le perdite e privatizzare i profitti» aggiunge Spadafora.
Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, per quanto riguarda le imprese, sono in ripresa i finanziamenti di lungo periodo (oltre 5 anni), saliti di 15,8 miliardi (+4,60%), passando da 344,8 miliardi a 360,7 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni) sono calati di 18,4 miliardi (-10,42%), da 176,6 miliardi a 158,2 miliardi e si è registrata una contrazione di 17,1 miliardi (-10,65%) di quelli a breve periodo (fino a 1 anno), scesi da 160,7 miliardi di novembre 2020 a 143,6 miliardi di novembre 2021. In totale, lo stock di impieghi alle aziende è sceso di 19,6 miliardi (-2,88%) passando da 682,2 miliardi a 662,6 miliardi. Tale andamento è in netta controtendenza rispetto a quanto osservato tra settembre 2019 e settembre 2020, periodo nel quale i finanziamenti bancari alle imprese – sostenuti dalle garanzie statali introdotti con i vari decreti approvati per far fronte all’emergenza Covid – erano aumentati di 60 miliardi, con una variazione positiva del 13%. «Questo tipo di lettura non viene condiviso dalle associazioni delle banche, che, tuttavia, si limitano a fornire il solo dato relativo alla variazione percentuale, sostenendo che il calo dello stock sarebbe legato anche alle cartolarizzazioni e altre cessioni di crediti deteriorati: si tratta di una impostazione che, tuttavia, allo stato, consente di scattare una fotografia parziale rispetto alla dinamica degli impieghi e che, pertanto, potrà eventualmente essere presa in considerazione, soltanto quando sarà eventualmente fornita la più ampia informazione su queste operazioni. Ciò al fine di mettere a disposizione dell’opinione pubblica un confronto omogeneo fra statistiche comparabili, evitando di offrire una ridda di numeri poco utile» osservano gli analisti del Centro studi di Unimpresa.
Diverso l’andamento registrato, negli ultimi 12 mesi, sul versante dei finanziamenti alle famiglie: in totale, lo stock di impieghi, è salito di 18,6 miliardi (+2,91%), passando da 641,6 miliardi a 660,3 miliardi. La crescita è legata prevalentemente all’incremento dei mutui casa per 17,1 miliardi (+4,39%), saliti da 391,2 miliardi a 408,3 miliardi. Positivo, ma con meno enfasi, invece, l’andamento del credito al consumo: più 1,6 miliardi, in crescita dell’1,48% da 110,2 miliardi a 111,8 miliardi. Lieve calo, invece, per i prestiti personali: meno 128 milioni, in discesa dello 0,09% da 140,2 miliardi a 140,1 miliardi). Complessivamente, il totale dei prestiti bancari al settore privato è calato di 9724 milioni (-0,07%), dai 1.323,9 miliardi di novembre 2020 ai 1.323,1 miliardi di novembre 2021.
Prosegue la pulizia dei bilanci bancari dal credito ammalorato, ma va segnalata una preoccupante inversione di tendenza. Il totale delle sofferenze, nell’ultimo anno, è diminuito di 18,6 miliardi (-29,81%), da 62,5 miliardi a 46,1 miliardi. Le rate non pagate dalle aziende sono scese di 14,1 miliardi (-34,07%) da 41,6 miliardi a 27,4 miliardi; quelle non pagate dalle famiglie sono calate di 1,8 miliardi (-14,42%), da 12,7 miliardi a 10,8 miliardi; gli “arretrati” delle imprese familiari, poi, sono scesi di 2,09 miliardi (-38,99%), da 5,5 miliardi a 3,4 miliardi; mentre le altre sofferenze (pubblica amministrazione, onlus, assicurazioni e fondi) sono lievemente calate di 542 milioni (-20,10%), da 2,6 miliardi a 2,1 miliardi. Si segnala, tuttavia, un elemento di criticità. Su base annua, le sofferenze nette (ovvero quelle non coperte da garanzie reali), sono calate di 5,9 miliardi (-25,07%), da 23,5 miliardi di novembre 2020 a 17,7 miliardi di novembre 2021. Il ritmo tendenziale, però, mostra un andamento crescente: a settembre le sofferenze nette si sono attestate a quota 15,3 miliardi e poi sono progressivamente cresciute, a 16,7 miliardi a ottobre e a 17,6 miliardi a novembre. Nell’ultimo anno, il rapporto tra sofferenze e prestiti è migliorato, passando dal 4,73% al 3,32% (dall’1,78% all’1,33% considerando le sole sofferenze nette).
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