Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, in totale le sofferenze delle banche sono passate dai 179,3 miliardi di ottobre 2014 ai 198,9 miliardi di ottobre 2015 (+10,95%) in aumento di 19,6 miliardi. Nel dettaglio, la quota di sofferenze che fa capo alle imprese è salita da 128,4 miliardi a 141,7 (+10,33%) in aumento di 13,2 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 33,6 miliardi a 37,1 miliardi (+10,00%) in salita di 3,3 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 1,1 miliardi da 14,6 miliardi a 15,8 miliardi (+7,89%). Le “altre” sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 2,5 a 4,3 miliardi (+72,89%) con 1,8 miliardi miliardi in più.
Sofferenze più che raddoppiate quattro anni e mezzo, ora valgono il 14,08% dei prestiti
A ottobre 2014 le sofferenze corrispondevano al 12,66% dei prestiti bancari (1.416,2 miliardi), percentuale salita al 14,08% a ottobre scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano a 1.412,8 miliardi. A dicembre 2008 le sofferenze erano arrivate a 41,1 miliardi e da allora sono progressivamente cresciute fino al record di 200,4 miliardi registrato a settembre scorso. A dicembre 2009 erano a quota 50,1 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in quattro anni e mezzo, da dicembre 2010 a ottobre 2015 sono passate da 77,8 miliardi a 198,9 miliardi in salita di 121 miliardi. A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.
Credit crunch: -25 mld ad aziende in un anno
Parallelamente c’è la difficile situazione del credito, i cui rubinetti faticano a riaprirsi. Da ottobre 2014 a ottobre 2015, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 3,4 miliardi di euro passando da 1.416,2 miliardi a 1.412,8 miliardi. Una riduzione che interessa soprattutto le imprese che nell’ultimo anno hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 23,9 miliardi (-7,85%) da 304,6 miliardi a 280,6 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre a 5 anni) di 21,1 miliardi (-5,44%) da 389,2 miliardi a 368,02 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni), in controtendenza, sono cresciuti di 19,8 miliardi (+15,82%) da 125,6 miliardi a 145,4 miliardi. In totale, lo stock di finanziamenti alle imprese è comunque sceso da 819,4 miliardi a 794,2 miliardi con una diminuzione di 25,2 miliardi (-2,26%). Il quadro per le famiglie migliora grazie all’aumento del credito al consumo e alla lieve ripresa dei mutui: le erogazioni degli istituti di credito sono complessivamente cresciute di 21,7 miliardi (+3,65%) passando da 596,8 miliardi a 618,5 miliardi. Si registrano meno prestiti personali per 2,03 miliardi (-1,13%) da 180,2 miliardi a 178,2 miliardi. Mini scatto in avanti per il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti salite di 734 milioni (+0,20%) da 359,1 miliardi a 359,9 miliardi; in controtendenza il credito al consumo, salito di 23,07 miliardi (+40,19%) da 57,4 miliardi a 80,4 miliardi.
Longobardi: “Piccoli segnali positivi su cui sperare, ma per le imprese rubinetti chiusi”
“Sulle sofferenze e sui prestiti alle famiglie ci sono segnali positivi, ma non ci illudiamo perché potrebbe tornare a peggiorare la situazione. Registriamo con preoccupazione che per le imprese i rubinetti sono sistematicamente chiusi” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Negli scorsi mesi – aggiunge Longobardi – i rappresentanti delle banche e quelli delle grandi industrie hanno parlato di un nuovo rapporto tra il mondo del credito e quello delle imprese, ma non se n’è fatto più nulla: Unimpresa è pronta a collaborare e a dare voce a oltre 120mila piccole e micro aziende che quotidianamente si battono per tenere in piedi l’economia del Paese. Ci sono le risorse del quantitative easing della Bce e non vanno sprecate”.
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