Tassi rasoterra sui conti correnti: per quelli con saldi inferiori a 50.000 euro, le banche offrono una remunerazione che varia tra lo 0,15% e lo 0,20%, praticamente irrisoria rispetto all’inflazione e alla perdita di valore del denaro. Anche per saldi più consistenti, compresi tra 50.000 e 250.000 euro, la remunerazione raramente supera lo 0,35%, rimanendo ben al di sotto delle attese. Solo i grandi depositi, superiori ai 250.000 euro, riescono a ottenere tassi più elevati, con un massimo dell’1,57% registrato nel Trentino-Alto Adige per le imprese e dell’1,31% nel Lazio. Tuttavia, anche in questi casi, i tassi restano largamente insufficienti rispetto al rendimento dei titoli di Stato, che offrono oggi il 4% sui btp a breve termine. La situazione è ancora più marcata per le famiglie.
È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa secondo cui l’analisi dei tassi d’interesse passivi applicati dalle banche italiane evidenzia un quadro che, a fronte di una politica monetaria restrittiva della Bce, lascia i correntisti fortemente penalizzati. Nonostante l’istituto di Francoforte abbia innalzato i tassi ufficiali fino al 4,5% nei mesi scorsi, con un successivo assestamento al 3,25%, le banche continuano a mantenere i tassi riconosciuti sui conti correnti a livelli prossimi allo zero.
Un comportamento che alimenta un’enorme disparità tra i tassi attivi, applicati su prestiti e mutui, e i tassi passivi, che remunerano il risparmio della clientela. Il sistema bancario italiano, infatti, ha beneficiato in modo diretto degli aumenti dei tassi Bce, vedendo crescere significativamente i margini di interesse. Gli utili netti delle banche lo dimostrano: ai 16,4 miliardi di euro di utili profitti 2021, ai 25,4 miliardi del 2022 e ai 40,6 miliardi del 2023, potrebbero sommarsi, secondo stime preliminari, altri 50,2 miliardi del 2024, per un totale, nell’arco di quattro anni, di oltre 132 miliardi di profitti. Un risultato record sostenuto dall’espansione della forbice dei tassi. Mentre i mutui a tasso variabile hanno raggiunto, nel 2023, punte del 6%, e i finanziamenti alle imprese superano spesso il 7%, i depositi a vista continuano a essere remunerati con tassi medi tra lo 0,15% e lo 0,35%, con pochissime eccezioni.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato dati aggiornati al secondo semestre del 2024, i depositi oltre i 250.000 euro, che rappresentano una quota minima della raccolta bancaria, ricevono tassi che in media non superano lo 0,72%. Per fasce inferiori, i tassi scendono ulteriormente: lo 0,35% per i saldi tra 100.000 e 250.000 euro e appena lo 0,27% per quelli tra 50.000 e 100.000 euro. In alcune regioni del Sud, come Calabria e Basilicata, la remunerazione per le famiglie è ancora più bassa, attestandosi rispettivamente allo 0,46% e 0,80% per i grandi depositi, con tassi prossimi allo zero per le fasce più basse.
L’analisi regionale conferma come i tassi passivi non solo siano bassi, ma rispecchino anche le profonde disuguaglianze economiche del Paese. Nelle regioni del Nord, come Lombardia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, i depositi delle imprese con saldi superiori ai 250.000 euro vengono remunerati con tassi compresi tra l’1,26% e l’1,57%, a fronte di valori inferiori all’1% nel Sud e nelle Isole. Le famiglie consumatrici seguono una dinamica analoga, con tassi superiori allo 0,70% nelle regioni più ricche e inferiori allo 0,50% nel Mezzogiorno.
Tale situazione evidenzia non solo la minore competizione bancaria nelle aree meno sviluppate, ma anche un sistema che penalizza strutturalmente le fasce di risparmio più basse. Per i depositi inferiori a 50.000 euro, che rappresentano la maggior parte dei conti correnti in Italia, i tassi passivi restano uniformemente bassi in tutte le regioni, con valori medi tra lo 0,15% e lo 0,20%, incapaci di offrire una vera remunerazione ai piccoli risparmiatori.
IN GERMANIA E FRANCIA 1,5% CON SALDO DA 50MILA EURO
La forbice tra i tassi attivi e passivi ha raggiunto livelli preoccupanti. La stessa logica che porta le banche a incrementare rapidamente i tassi sui prestiti, in risposta alle decisioni della Bce, non viene applicata alla raccolta. Questo squilibrio genera un vantaggio unilaterale per gli istituti, che incamerano margini crescenti grazie all’ampliamento della differenza tra il costo della raccolta (sempre bassissimo) e il rendimento degli impieghi (sempre più elevato). Il risultato è evidente nei bilanci bancari, dove i margini di interesse hanno subito un incremento medio del 30% nel 2023.
La disparità è particolarmente evidente se confrontiamo i tassi passivi italiani con quelli applicati in altri Paesi europei. In Germania e Francia, ad esempio, la remunerazione media per i depositi sopra i 50.000 euro ha superato l’1,5% a partire dal secondo trimestre del 2023, riflettendo una maggiore competizione tra gli istituti e una minore dipendenza dalla raccolta a vista.
SPADAFORA: GOVERNO NON PENSI A UNICREDIT-BPM, MA SI OCCUPI DI CLIENTI BEFFATI
«Le giustificazioni delle banche sono, come sempre, sfacciate. E di questo tema il governo di Giorgia Meloni dovrebbe occuparsi seriamente, lasciando al mercato la definizione degli assetti di controllo. La politica deve stare fuori dai consigli di amministrazione dei gruppi bancari, per esempio non entrando nel merito della operazione di Unicredit sul Banco Bpm, ma dovrebbe prestare attenzione ai comportamenti del settore e alle strategie, definite dai board, assai penalizzanti per i clienti beffati. Gli istituti sostengono che i conti correnti sono un prodotto “a bassa redditività” e che la raccolta a breve termine non consente di offrire tassi più alti. Ma allora come si spiegano gli utili record? Come si giustifica che i tassi attivi sui mutui e sui prestiti siano schizzati alle stelle, mentre quelli sui depositi restano ai minimi storici? La risposta è semplice: le banche incassano senza restituire. La forbice dei tassi, oggi ai livelli più alti degli ultimi decenni, è diventata un sistema per arricchire gli azionisti, mentre i correntisti vengono trattati come clienti di serie B» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
«L’asimmetria è ancora più evidente se si guarda ai dati regionali. Al Sud la remunerazione è ancora più ridicola che al Nord. In tutta Italia, comunque, la realtà è che il sistema bancario italiano non è mai stato così sbilanciato: le banche guadagnano a mani basse sul fronte dei prestiti e lasciano i risparmiatori a bocca asciutta. Questa situazione è doppiamente pericolosa. Da un lato, penalizza chi vuole risparmiare, disincentivando la formazione di un patrimonio familiare, soprattutto nelle aree meno sviluppate del Paese. Dall’altro, alimenta una pericolosa perdita di fiducia nel sistema bancario, già duramente provato da scandali e crisi del passato. Serve un intervento deciso per riequilibrare la situazione, garantendo che i benefici delle politiche monetarie della Bce arrivino anche ai risparmiatori e non solo alle casseforti delle banche. Se la Bce alza i tassi per combattere l’inflazione, è inaccettabile che i vantaggi di questa manovra finiscano per arricchire solo una parte del sistema, lasciando le famiglie e le piccole imprese nell’angolo. La forbice dei tassi deve essere ridotta, e se le banche non vogliono farlo spontaneamente, spetta alla politica intervenire. È una questione di giustizia sociale, prima ancora che economica. Perché il risparmio è un diritto, non un privilegio da elemosinare» aggiunge Spadafora.
Secondo gli analisti del Centro studi di Unimpresa «la struttura attuale dei tassi passivi rappresenta una seria criticità per il sistema bancario italiano. Da un lato, disincentiva il risparmio, rendendo i conti correnti poco attrattivi rispetto a strumenti alternativi come i titoli di Stato. Dall’altro, alimenta una percezione di ingiustizia tra i risparmiatori, già provati dall’aumento dei costi della vita e dalla stretta sui mutui. Se la Bce ha alzato i tassi per contrastare l’inflazione, è inaccettabile che i benefici di questa manovra si concentrino esclusivamente sugli istituti di credito, senza ricadute positive per i depositanti. Serve un riequilibrio: le banche devono adottare politiche più trasparenti e competitive, allineando i tassi passivi all’andamento del mercato. Se ciò non avverrà, sarà inevitabile l’intervento delle autorità di vigilanza per garantire maggiore equità e giustizia nel sistema finanziario. Il risparmio dei cittadini non può continuare a essere il grande sacrificato in nome del profitto».
TUTTI I DATI REGIONE PER REGIONE
NORD OVEST
- Lombardia: Si conferma la regione più competitiva dell’area. Per i depositi sopra i 250.000 euro, le società non finanziarie e famiglie produttrici ricevono un tasso dello 0,95%, mentre le famiglie consumatrici ottengono lo 0,64%, il valore più elevato tra le regioni del Nord Ovest. Anche per fasce di deposito inferiori, i tassi sono tra i più alti dell’area, con 0,22% per i depositi fino a 50.000 euro (società) e 0,21% per le famiglie.
- Piemonte: Mostra tassi generalmente inferiori rispetto alla Lombardia, con lo 0,84% per depositi oltre i 250.000 euro (società) e lo 0,43% per le famiglie consumatrici. Anche nelle fasce di deposito più basse i tassi sono contenuti: 0,17% per società e 0,16% per famiglie.
- Liguria: Si posiziona in linea con il Piemonte, con tassi che raggiungono lo 0,88% per le società (oltre i 250.000 euro) e lo 0,51% per le famiglie. Per depositi minori, i valori si mantengono tra lo 0,15% e lo 0,20%.
- Valle d’Aosta: Nonostante il mercato bancario più ristretto, i tassi per le società raggiungono l’1,15% per depositi sopra i 250.000 euro, il valore più alto del Nord Ovest. Tuttavia, i tassi per le famiglie rimangono bassi, con 0,32% per la stessa fascia di deposito.
NORD EST
- Trentino-Alto Adige: La regione si distingue per tassi significativamente elevati. Le società ricevono un massimo dell’1,57% per depositi sopra i 250.000 euro, mentre le famiglie consumatrici ottengono l’1,15%, i valori più alti dell’intero Paese. Anche per fasce inferiori, i tassi sono tra i più competitivi, con 0,40% (società) e 0,35% (famiglie) per depositi fino a 50.000 euro.
- Veneto: I tassi sono competitivi, ma leggermente inferiori rispetto al Trentino. Per i depositi sopra i 250.000 euro, le società ottengono lo 0,96%, mentre le famiglie arrivano a 0,73%. Per i depositi fino a 50.000 euro, i tassi si attestano sul 0,23% per le società e sul 0,17% per le famiglie.
- Friuli-Venezia Giulia: Mostra una dinamica simile al Veneto, ma con un livello di tassi più elevato per i grandi depositi delle società (oltre i 250.000 euro), che raggiungono l’1,19%. I tassi per le famiglie sono invece più bassi, con 0,55% per la fascia oltre i 250.000 euro.
- Emilia-Romagna: È una delle regioni più forti dell’area. I depositi delle società oltre i 250.000 euro sono remunerati con l’1,26%, mentre le famiglie ottengono lo 0,73% per la stessa fascia. Per i piccoli depositi, le società ricevono lo 0,21% e le famiglie lo 0,19%.
CENTRO
- Lazio: Si distingue per i tassi più alti dell’area, con lo 1,31% per depositi oltre i 250.000 euro delle società e l’1,02% per le famiglie, rendendolo il punto di riferimento del Centro Italia. Anche per depositi minori, i tassi sono elevati: 0,22% per le società e 0,25% per le famiglie (fino a 50.000 euro).
- Toscana: Mostra tassi simili al Lazio, con valori massimi dell’1,15% per le società e dello 0,93% per le famiglie (oltre i 250.000 euro). Nelle fasce più basse, i tassi rimangono competitivi, con 0,27% per le società e 0,31% per le famiglie.
- Umbria: Si posiziona su livelli più bassi rispetto a Lazio e Toscana, ma comunque superiori alla media nazionale. Per i depositi oltre i 250.000 euro, le società ricevono lo 0,99%, mentre le famiglie ottengono lo 0,53%. Per i piccoli depositi, i tassi scendono rispettivamente a 0,19% e 0,21%.
- Marche: I tassi sono tra i più bassi dell’area, con lo 0,75% per i depositi oltre i 250.000 euro delle società e lo 0,86% per le famiglie. Per i piccoli depositi, i tassi si attestano sul 0,19% per entrambe le categorie.
SUD
- Abruzzo: Si distingue nel contesto del Sud con tassi vicini alla media nazionale. Le società ricevono lo 0,63% per depositi sopra i 250.000 euro, mentre le famiglie raggiungono lo 0,57%.
- Molise: Mostra tassi competitivi rispetto al Sud, con lo 0,67% per le società e lo 0,73% per le famiglie (oltre i 250.000 euro). Anche per fasce minori, i tassi rimangono relativamente elevati.
- Campania: I tassi sono tra i più bassi dell’area, con lo 0,61% per depositi sopra i 250.000 euro delle società e lo 0,45% per le famiglie. Per i piccoli depositi, i tassi scendono rispettivamente a 0,13% e 0,13%.
- Puglia: Si posiziona meglio della Campania, con lo 0,73% per le società e lo 0,59% per le famiglie (oltre i 250.000 euro). Per depositi più bassi, i tassi si attestano sul 0,17% per le società e sul 0,18% per le famiglie.
- Basilicata: Presenta tassi inferiori alla media del Sud. Per i depositi sopra i 250.000 euro, le società ricevono lo 0,59% e le famiglie lo 0,80%, il valore più alto dell’area.
- Calabria: Mostra i tassi più bassi del Sud, con lo 0,48% per le società e lo 0,46% per le famiglie (oltre i 250.000 euro).
ISOLE
- Sicilia: Si allinea alla media nazionale per le famiglie, con un tasso massimo dello 0,61%, mentre le società ricevono lo 0,98% (oltre i 250.000 euro). Per depositi minori, i tassi sono più contenuti, con 0,18% per le famiglie e 0,26% per le società.
- Sardegna: Si distingue nell’area per tassi superiori, soprattutto per le famiglie, che ottengono un massimo dello 0,70% (oltre i 250.000 euro), e per le società, che ricevono lo 0,78%.
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