È prevedibile un altro taglio dello 0,25% del tasso base da parte della Banca centrale europea nella riunione del 17 ottobre: la decisione è favorita da contesto economico caratterizzato da incertezza nell’area euro e da un’inflazione che si sta ormai avvicinando al target del 2%.
Questa mossa della Bce che, dunque, dovrebbe portare il costo del denaro al 3,40% rispetto all’attuale 3,65%, non è solo una reazione all’andamento dei prezzi, ma anche un tentativo di sostenere l’economia europea su più fronti: i vantaggi attesi, infatti, si riflettono su tre aspetti fondamentali: i consumi, l’accesso al credito e il costo del debito pubblico.
È quanto sostiene il Centro studi di Unimpresa, la riduzione dei tassi attesa per la prossima settimana avrebbe implicazioni fondamentali per l’eurozona, poiché, oltre a sostenere una dinamica dei prezzi più in linea con gli obiettivi della Bce: i vantaggi derivanti dalla riduzione del costo del denaro potrebbero creare un contesto più favorevole alla ripresa economica e alla crescita, anche se restano incertezze legate alla congiuntura globale e alle sfide strutturali che l’area euro continua ad affrontare.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il taglio dei tassi mira a stimolare il definitivo avvicinamento dell’inflazione verso il target del 2%. Attualmente, i prezzi hanno registrato un miglioramento, ma restano lontani dai livelli ottimali per garantire stabilità economica. Con un costo del denaro inferiore, la Bce incentiva la domanda, promuovendo i consumi e gli investimenti. Questo può prevenire un’eventuale deflazione, che sarebbe dannosa per la crescita, favorendo invece una stabilità dei prezzi più vicina agli obiettivi a medio termine.
Un’inflazione controllata facilita la pianificazione economica e rende più prevedibili i ritorni sugli investimenti.
Altri vantaggi, con l’auspicata riduzione dei tassi, dovrebbero registrarsi sul versante del credito. Con il probabile taglio del 17 ottobre, le banche saranno spinte a offrire prestiti a condizioni più favorevoli. Tutto ciò sarebbe cruciale per il ciclo economico, poiché faciliterebbe l’accesso ai prestiti sia per le famiglie sia per le imprese.
Le famiglie potranno così beneficiare di tassi più bassi sui mutui e su altri finanziamenti, stimolando i consumi oltre che l’acquisto di abitazioni e, di conseguenza, la crescita economica.
Le imprese, d’altro canto, troveranno meno oneroso accedere a risorse per nuovi investimenti e questo potrebbe tradursi in una crescita del capitale produttivo, ma anche in una maggiore competitività sui mercati internazionali, particolarmente utile in un momento di incertezza economica. Un ulteriore beneficio di una politica monetaria più accomodante riguarda il costo del debito pubblico italiano.
Riducendo il tasso di interesse, il governo potrà rifinanziare il debito del nostro Paese a condizioni più vantaggiose, riducendo il peso degli interessi, il cui costo si attesta attorno ai 100 miliardi di euro l’anno: una sforbiciata a questa voce del bilancio statale rappresenterebbe un sollievo per le casse pubbliche, poiché libererebbe risorse da reinvestire in investimenti per grandi infrastrutture o in servizi essenziali.
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