I risultati degli stress test condotti dalla Bce dimostrano che il sistema bancario italiano, seppure con talune eccezioni, peraltro note, è più che solido. A questo gli istituti del nostro Paese non hanno più scuse sul versante del credito alle famiglie e alle imprese. I rubinetti dei prestiti vanno riaperti e le banche, superate le verifiche europee sulla qualità dei loro patrimoni e bilanci, devono tornare a fare la loro parte per l’economia reale, mettendo tutta la liquidità a disposizione della crescita e della ripresa. Questo il commento del Centro studi di Unimpresa sui risultati delle asset quality review (aqr) diffusi oggi dalla Banca centrale europea.
L’esame della Bce ha probabilmente distratto le banche italiane dall’attività principale, portando l’intero settore a concentrarsi sui test europei, penalizzando ancora di più il mercato dei finanziamenti. La liquidità offerta proprio nelle scorse settimane dalla stessa Banca centrale ora va utilizzata per incrementare il credito. Negli ultimi 12 mesi, da agosto 2013 ad agosto 2014, sono calati di quasi 18 miliardi i finanziamenti a imprese e famiglie, vale a dire circa 50 milioni di euro al giorno; mentre le rate non pagate sono cresciute del 22% arrivando a sfiorare i 174 miliardi di euro, in aumento di quasi 32 miliardi. La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (124 miliardi). Le “rate non pagate” dalle famiglie valgono quasi 33 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari 14 miliardi. Arrivano a quasi 2,5 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle onlus, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono al 12,29% dei prestiti bancari, in aumento rispetto al 9,90% di un anno fa. Alla fine del 2010 le sofferenze ammontavano a 77,8 miliardi: in poco più di tre anni e mezzo, quindi, sono più che raddoppiate. Complessivamente nell’ultimo anno le banche hanno tagliato i finanziamenti al settore privato per complessivi 1773 miliardi (-1,24%).
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, in totale le sofferenze sono passate dai 141,9 miliardi di agosto 2013 ai 173,9 miliardi di agosto 2014 (+22,52%) in aumento di 31,9 miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese è salita da 97,04 miliardi a 124,2 (+28,05%) in aumento di 27,2 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 30,4 miliardi a 32,8 miliardi (+7,95%) in salita di 2,4 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 1,8 miliardi da 12,5miliardi a 14,3 miliardi (+14,85%). Le “altre” sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 1,9 a 2,4 miliardi (+24,51%) con 486 milioni in più.
Sofferenze più che raddoppiate in poco più di tre anni, ora valgono il 12,29% dei prestiti
Ad agosto 2013 le sofferenze corrispondevano al 9,90% dei prestiti bancari (1.433,6 miliardi), percentuale salita al 12,29% adagosto scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano a 1.415,9miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in poco più tre anni e mezzo, da dicembre 2010 ad agosto 2014, sono passate da 77,8 miliardi a 173,3 miliardi in salita di 96miliardi (+122%). A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.
Credit crunch: -17 mld a privati in un anno
Parallelamente c’è la serrata dei rubinetti del credito, calati nell’ultimo anno al ritmo di quasi 1,5 miliardi al mese, circa 50 milioni di euro al giorno (su un calendario di 365 giorni). Da agosto 2013 ad agosto 2014, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 17,7 miliardi di euro passando da 1.433,6 miliardi a 1.415,9 miliardi. Una riduzione che interessa sia le famiglie (-7,1 miliardi) sia le imprese (-10,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, dell’1,24% nell’ultimo anno. Critico il quadro per le imprese: nell’ultimo anno le aziende hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 9,8 miliardi (-3,19%) da 309,2 miliardi a 299,4 miliardi, quelli di medio periodo (fino a 5 anni) di 1,02 miliardi (-0,81%) da 127,08 miliardi a 126,05 miliardi, mentre quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) sono rimasti sostanzialmente stabili, in leggero aumento di 307 milioni (+0,08%) da 393,7 miliardi a 394,02 miliardi. In totale lo stock di finanziamenti alle imprese è sceso da 830,08 miliardi a 819,5 miliardi con una diminuzione di 10,5 miliardi (-1,27%). Analoga, critica situazione per le famiglie: in dodici mesi meno credito al consumo per 1,5 miliardi (-2,56%) da 59,00 miliardi a 57,4 miliardi e meno prestiti personali per 2,2 miliardi (-1,25%) da 181,8 miliardi a 179,6 miliardi. Giù anche il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti calate di 3,3 miliardi (-0,93%) da 362,7 miliardi a 359,3 miliardi: il mercato immobiliare, così rilevante per il prodotto interno lordo italiano e per le prospettive di crescita economica, resta dunque privato della liquidità necessaria a ripartire; la contrazione dei finanziamenti non consente al business del mattone di rimettersi sul sentiero della crescita. In totale, lo stock di finanziamenti alle famiglie è calato in un anno da 603,6 miliardi a 596,4miliardi con una diminuzione di 7,1 miliardi (-1,19%).
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