L’aumento dei tassi di interesse, portati oggi dalla Banca centrale europea al 3%, corre il rischio di pregiudicare le prospettive di ripresa per il 2023 delineate recentemente da importanti istituzioni finanziarie anche internazionali. La rincorsa della Bce all’inflazione innalzando il costo del denaro, infatti, potrebbe produrre alcuni effetti negativi sul ciclo economico, considerando soprattutto le maggiori difficoltà di accesso al credito bancario da parte delle aziende e in particolare dalle piccole, medie imprese. È quanto evidenzia il Centro studi di Unimpresa. «Le decisioni di politica monetaria della Bce risultano sempre meno ragionevoli. È evidente che incidere sul costo del denaro non produce effetti positivi sui prezzi, in crescita perché c’è stata, e in parte è in atto, una forte speculazione sulle materie prime. Ciò che appare singolare è la mancata volontà, da parte della Banca centrale, di modificare la sua linea, non adatta al quadro macroeconomico, sia interno all’area euro sia globale. Le decisioni di politica monetaria dovrebbero tener conto, in particolare, di quello che accade quotidianamente sui mercati finanziari e nelle economie reali e, pertanto, le scelte strategiche andrebbero adattate e modificate con maggiore velocità, tenendo conto di tutti i dati che, per fortuna, sono sempre più a disposizione di tutti i policy maker» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, tra i motivi che creerebbero disagi alle imprese del nostro Paese, c’è anzitutto la maggiore difficoltà di accesso al credito bancario e l’aumento dei tassi di interesse sulle emissioni obbligazionarie. Le aziende italiane avrebbero enormi problemi di liquidità, con conseguenze negative sulle capacità di investimento e di incrementare la produzione. L’economia italiana sta vivendo una fase senza dubbio incerta, ma allo stesso tempo più favorevole rispetto a grandi paesi come Francia e Germania. Se si guarda, in particolare, alla produzione industriale, rispetto al 2015, quella italiana è crescita del 5,2% (dato di settembre 2022), mentre quella della Francia ha perso il 2,3% e quella della Germania ha lasciato sul terreno il 4,5%.
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