«Nel corso di questa settimana, la Federal reserve americana ha mantenuto i tassi al 5,5%, livello deciso otto mesi fa e la Banca centrale europea, in linea con gli Usa, non ha modificato il livello del costo del denaro dell’area euro. Ci sono due ragioni che hanno spinto la Fed a lasciare tutto invariato nella politica monetaria, una economica e l’altra politica. L’economia americana sta crescendo proprio grazie ai tassi alti e abbassarli ora potrebbe essere prematuro. I tassi caleranno solo se e quando potranno aumentare il consenso elettorale per i democratici e per Joe Biden, evitando quindi di favorire il candidato repubblicano Donald Trump. L’attuale situazione dimostra come, a differenza della Bce, che si muove in autonomia ed è più potente dei governi dell’area euro, la Fed è sempre molto dipendente dai governi in carica negli Stati Uniti. L’attuale presidente della Fed, Jerome Powell, è molto criticato dai repubblicani e, se vincesse Trump verrebbe, sostituito immediatamente. Quindi di fatto Powell utilizza la politica monetaria anche per difendere la sua leadership: se, infatti, abbassasse i tassi darebbe ragione a Trump che lo ha sempre criticato e si esporrebbe a critiche durissime. Così facendo, però, Powell e la Fed, seppur indirettamente, condizionano l’area euro e l’Europa».
È quanto si legge in un paper del Centro studi di Unimpresa secondo cui «dollaro ed euro viaggiano di pari passo anche se i fondamentali economici delle due aree restano profondamente diversi».
Secondo gli analisti di Unimpresa «è probabile che la Bce, sulla scia di imminenti decisioni della Fed, riduca il costo del denaro nella riunione di giugno. Entro fine anno il tasso base nell’area euro potrebbe arrivare, con tre ribassi, al 3,50-3,75%. Le divergenze di vedute nel consiglio direttivo della Banca centrale europea hanno reso impossibile, finora, una decisione volta a rendere più accomodante la politica monetaria, che dunque non arriverà prima di giugno. In quella occasione il tasso d’interesse dovrebbe essere ridotto di 50 punti base, mentre altri 50 o 75 punti potrebbero essere tagliati con due successive delibere entro il 31 dicembre 2024, portandolo fino al 3,50%. Nel corso del 2025, invece, la riduzione potrebbe procedere più spedita e, se l’inflazione tornerà attorno al 2%, anche il costo del denaro sarebbe portato attorno a quel livello».
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