«Il settore che più ha risentito della fiammata dei tassi d’interesse è quello dei mutui immobiliari e si è creato un doppio effetto: il calo delle compravendite e la discesa dei prezzi ha da un lato favorito chi aveva liquidità a disposizione, dall’altro penalizzato le fasce meno abbienti, in particolare i giovani desiderosi di comprare la loro prima casa. In sostanza, il costo del denaro più alto ha allargato la forbice delle disuguaglianze, favorendo le fasce più ricche e penalizzando quelle con minori disponibilità economiche e con redditi più bassi». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «Le banche sono una infrastruttura della crescita di un Paese e banche in salute sono un fattore positivo per tutti, famiglie e imprese, per l’economia in generale. Questo vale soprattutto per un paese, come l’Italia, che non può contare su molte risorse pubbliche e, dunque, ha bisogno di importanti risorse private e di molto credito bancario. In questo senso, le banche fanno da sempre supplenza all’economia e per questa ragione il ritorno a una politica monetaria più accomodante, speriamo annunciato domani, che porta tassi d’interesse più bassi, potrebbe favorire più erogazioni e più prestiti da parte delle banche alle imprese e alle famiglie» aggiunge il presidente di Unimpresa.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, Nel corso del 2024, la Banca centrale europea potrebbe avviare l’atteso percorso di taglio dei tassi d’interesse e la riduzione dovrebbe attestarsi, nello scenario che riteniamo più probabile, tra i 50 e i 75 punti base: la possibile discesa dei tassi, che non arriverà, salvo ripensamenti al momento non prevedibili, prima della seconda metà dell’anno in corso, potrebbe portare il costo del denaro dall’attuale 4,5% a un livello tra il 3,75% e il 4%. Nel 2025, la politica monetaria potrebbe portare a ulteriori allentamenti, a un ritmo ancora più sostenuto. La decisione di invertire la tendenza restrittiva della politica monetaria nell’area euro potrebbe arrivare dalla riunione del 6 giugno 2024 e potrebbe velocizzarsi progressivamente soprattutto se la ripresa economica. I tagli nell’anno appena cominciato potrebbero essere due o tre al massimo, ciascuno tra i 25 punti e 50 punti base. L’elemento più importante per il 2024 sarà un progressivo riavvicinamento tra le aspettative dei mercati e le delibere del Consiglio direttivo della Bce. Gli operatori ritengono essenziali comunicazioni che abbiano un respiro più lungo, dovesse tardare a manifestarsi vistosamente fra i principali paesi europei. Uno scenario meno probabile, con un’economia in forte rallentamento o addirittura in territorio negativo, potrebbe spingere i banchieri centrali a portare il costo del denaro, rapidamente, sotto il 3%.
«Domani prossimo la Bce è dunque chiamata, nella massima trasparenza, a indicare quanto meno la rotta, pur in quadro di profonda incertezza, acuita dalla crisi nel Mar Rosso che corre il rischio, bloccando il trasporto marittimo mondiale, di cagionare danni alle principali economie europee e non solo. Appare ormai da escludere, invece, se si interpretano correttamente le indicazioni delle precedenti riunioni dell’Eurotower, che la modifica della politica monetaria possa portare a ulteriori rialzi dei tassi: il picco del 4,5% raggiunto a settembre 2023 e lasciato intatto nelle successive riunioni, non dovrebbe essere superato in questo periodo storico» spiegano gli analisti del Centro studi di Unimpresa.
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