Analisi dell’associazione a capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è scesa di 78 miliardi, in calo del 15% su base annua, passando dai 522 miliardi di dicembre 2019 ai 444 miliardi di dicembre scorso. I soggetti esteri disinvestono: erano al 51% della Borsa nel 2015, sono scesi al 46% l’anno scorso. Il segretario generale Lauro: «La pandemia ha solo aggravato una situazione che viene da lontano. Occorre favorire l’accesso delle pmi ai mercati regolamentati dei capitali. Paghiamo decenni di scelte di politica economica inesistente e i danni cagionati dal capitalismo di relazione»
Pandemia, lockdown e crisi economico-finanziaria hanno tagliato il valore delle società quotate italiane di quasi 80 miliardi di euro. Nel 2020, a causa degli effetti del Covid, la capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è scesa di 78 miliardi, in calo del 15% su base annua, passando dai 522 miliardi di dicembre 2019 ai 444 miliardi di dicembre scorso. Contemporaneamente, si registra una fuga degli stranieri dalla Borsa del nostro Paese: le quote in mano a soggetti esteri, tra disinvestimenti e riduzione delle quotazioni dei titoli detenuti, sono calate dal 49% di fine 2019 al 46% dello scorso dicembre, erano oltre il 51% nel 2015, vuol dire che in cinque anni gli stranieri si sono vistosamente allontanati dal nostro mercato finanziario. Sono questi i dati principali della periodica analisi del Centro studi di Unimpresa sul valore della società italiane e sulla distribuzione delle quote azionarie. «Subiamo un doppio, durissimo colpo: risultiamo sempre meno attrattivi e assistiamo a un sensibile impoverimento delle nostre imprese quotate, è un pessimo segnale per la nostra economica. È un bilancio drammatico, spia, peraltro, di una situazione che il Coronavirus ha soltanto aggravato, ma che, in realtà, viene da lontano, da decenni di scelte di politica economica inesistenti e da un capitalismo mai maturato» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «La nostra finanza basata sulle relazioni, su quel capitalismo di relazioni che ha cagionato enormi danni, non si è rivelata un modello vincente: mancano, oggi, le risorse finanziarie e sono mancate scelte imprenditoriali coraggiose e di ampio respiro. Occorre puntare, adesso più che mai, sulle piccole e medie imprese, bisogna favorire la loro crescita dimensionale anche con l’accesso, decisamente più ampio, ai mercati regolamentati dei capitali. È un altro compito, non semplice, di cui dovrà farsi carico l’esecutivo guidato da Mario Draghi» aggiunge il segretario di Unimpresa.
Lo studio dell’associazione è basato su dati della Banca d’Italia aggiornati a dicembre 2020 e incrocia i dati relativi al valore di bilancio delle azioni – quotate e non – detenute da tutti i soggetti economici che operano nel nostro Paese: imprese, banche, assicurazioni e fondi pensione, Stato centrale, enti locali, enti di previdenza, famiglie, investitori stranieri. I dati mettono a confronto i valori registrati nel quarto trimestre 2019 e quelli del quarto trimestre 2020. Secondo l’analisi, per quanto riguarda l’intero universo delle società per azioni del nostro Paese, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: in salita al 38,23% a fine 2020 rispetto al 37,82% di dicembre 2019. Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 25,46% (era il 25,06%), le imprese col 14,66% (era il 15,23%), le banche con il 12,14% (era il 15,23%) e lo Stato centrale col 5,12% (era al 4,82%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,73% (era il 2,63%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (stabili attorno allo 0,64% dallo 0,60%) e agli enti di previdenza (dallo 0,85% all’1,04%).
Complessivamente, il valore delle società per azioni è diminuito, dal quarto trimestre del 2019 al quarto trimestre del 2020, del 10,22%, con un calo di 181,9 miliardi, scendendo dai 2.322,2 miliardi del 2019 ai 2.140,3 miliardi di dicembre scorso. Bilancio negativo per le famiglie, che hanno perso valore, nei loro portafogli, per 60,02 miliardi (-6,83%) da 878,2 miliardi a 818,1 miliardi. Saldo negativo (-37,1 miliardi con un calo del 6,38%) anche per gli investitori esteri: avevano quote azionarie che valevano nel 2019 581,9 miliardi e nel 2020, tra cali delle quote e cessioni di pacchetti azionari, valevano complessivamente 544,8 miliardi. Ecco i risultati per le altre categorie di azionisti: le banche hanno visto calare il valore delle loro partecipazioni di 41,9 miliardi (-13,90%) da 301,6 miliardi a 259,7 miliardi; le assicurazioni e i fondi pensione registrano “minusvalenze” per 2,6 miliardi (+1,15%) da 61,08 miliardi a 58,3 miliardi. Variazione negative, inoltre, per le quote delle imprese, che hanno 39,9 miliardi in meno (-11,30%) da 353,7 miliardi a 313,7 miliardi. “Bilancio” in attivo per le partecipazioni degli enti di previdenza, cresciute di 2,4 miliardi (+12,29%) da 19,7 miliardi a 22,1 miliardi. Bilancio negativo, invece, sia per quelle dello Stato centrale, calate di 2,3 miliardi (-2,07%) da 111,8 miliardi a 109,5 miliardi, sia per quelle degli enti locali, scese di 300 milioni (-2,14%) da 14,1 miliardi a 13,7 miliardi.
Per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il valore complessivo è crollato di 78,1 miliardi (-14,95%), dai 522,9 miliardi del 2020 ai 444,7 miliardi del 2020. Il primato nell’azionariato, nonostante il calo cagionato dal Covid, spetta agli investitori esteri detentori del 46,72% delle quote, in netta diminuzione dal 51,74% del 2015 e in calo anche rispetto al 49,06% del 2019. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 18,20% (era il 17,23% nel 2019), le banche col 16,32% (era il 15,45%), le famiglie con l’11,93% (era l’11,75%), lo Stato col 5,29% (era il 4,97%), le assicurazioni e i fondi pensione con lo 0,87% (era lo 0,82%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (0,56%) e agli enti di previdenza (0,10%). Gli azionisti esteri hanno “perso” o “ceduto”, tra disinvestimenti e cali delle quotazioni in Borsa, 48,7 miliardi (-19,02%) da 256,5 miliardi a 207,7 miliardi, le imprese hanno 913 miliardi in meno (-10,16%) da 90,08 miliardi a 80,9 miliardi, mentre le famiglie hanno perso 8,3 miliardi (-13,64%) da 61,4 miliardi a 53,06 miliardi. Bilancio negativo, poi, anche per le banche con un calo delle quote di spa quotate pari a 8,1 miliardi (-10,13%) da 80,7 miliardi a 72,5 miliardi. Giù le quote di assicurazioni e fondi pensione di 412 milioni (-9,64%) da 4,2 miliardi a 3,8 miliardi. Le quote in mano allo Stato centrale sono calate di 2,4 miliardi (-9,47%); variazione negativa anche per quelle delle amministrazioni locali, scese di 722 milioni (-22,33%) da 3,2 miliardi a 2,5 miliardi; negativo il saldo anche per le quote degli enti di previdenza, calate di 99 milioni (-18,1%) da 545 milioni a 446 milioni.
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