Analisi dell’associazione: la capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è aumentata di 116 miliardi, in crescita del 25% su base annua, passando dai 461 miliardi di giugno 2020 ai 578 miliardi di giugno scorso. I soggetti esteri disinvestono: erano al 51% della Borsa nel 2015, sono scesi al 46% l’anno scorso. Il vicepresidente Spadafora: «La pandemia ha favorito la speculazione»
Pandemia, lockdown e crisi economico-finanziaria hanno fatto crescere il valore delle società quotate italiane di oltre 116 miliardi di euro. Tra il 2020 e il 2021, nonostante gli effetti del Covid, la capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è cresciuta di 116,7 miliardi, in aumento del 25,29% su base annua, passando dai 461 miliardi di giugno 2020 ai 578 miliardi di giugno scorso. Contemporaneamente, si registra una fuga degli stranieri dalla Borsa del nostro Paese: le quote in mano a soggetti esteri, tra disinvestimenti e riduzione delle quotazioni dei titoli detenuti, sono calate dal 48% di fine metà 2020 al 46% dello scorso giugno, erano al 49% a fine 2019 e oltre il 51% nel 2015: vuol dire che in cinque anni gli stranieri si sono vistosamente allontanati dal nostro mercato finanziario. Sono questi i dati principali della periodica analisi del Centro studi di Unimpresa sul valore della società italiane e sulla distribuzione delle quote azionarie. «La pandemia non ha fermato la speculazione, anzi in qualche modo l’ha favorita. Ma questo incremento registrato negli ultimi 12 mesi non porta alcun beneficio concreto all’economia reale, perché si tratta di incrementi che arricchiscono i fondi d’investimento e in particolare quelli esteri a cui va ricondotta quasi la metà della proprietà delle società quotate» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza manca il sostegno e la promozione delle piccole e medie imprese italiane per la quotazione sui mercati finanziari regolamentati: è un tassello fondamentale per lo sviluppo delle nostre aziende, che da un lato favorirebbe la crescita dimensionale, dall’altro renderebbe la nostra economia complessivamente più forte e meno aggredibile dai giganti stranieri» aggiunge il vicepresidente di Unimpresa.
Lo studio dell’associazione è basato su dati della Banca d’Italia aggiornati a giugno 2021 e incrocia i dati relativi al valore di bilancio delle azioni – quotate e non – detenute da tutti i soggetti economici che operano nel nostro Paese: imprese, banche, assicurazioni e fondi pensione, Stato centrale, enti locali, enti di previdenza, famiglie, investitori stranieri. I dati mettono a confronto i valori registrati nel secondo trimestre 2020 e quelli del secondo trimestre 2021. Secondo l’analisi di Unimpresa, per quanto riguarda l’intero universo delle società per azioni del nostro Paese, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: stabile al 38,61% di metà 2021 (era al 38,76% a giugno 2020). Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 24,99% (era il 24,07%), le imprese col 15,02% (era il 15,76%), le banche con il 12,33% (era il 14,54%) e lo Stato centrale col 4,75% (era al 4,91%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,70% (era il 2,42%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (stabili attorno allo 0,55% dallo 0,56%) e agli enti di previdenza (dall’1,05% all0 0,97%).
Complessivamente, il valore delle società per azioni è aumentato, dal secondo trimestre del 2020 al secondo trimestre del 2021, del 6,60%, con un aumento di 150,5 miliardi, salendo dai 2.282,3 miliardi del 2020 ai 2.432,9 miliardi di giugno scorso. Bilancio positivo per le famiglie, che hanno visto crescere il valore, nei loro portafogli, per 100,2 miliardi (+11,95%) da 839,1 miliardi a 939,3 miliardi. Saldo positivo (+58,6 miliardi con un aumento del 10,67%) anche per gli investitori esteri: avevano quote azionarie che valevano nel 2020 549,4 miliardi e nel 2021, tra aumenti delle quote e plusvalenze realizzate sui pacchetti azionari, valgono complessivamente 608,1 miliardi. Ecco i risultati per le altre categorie di azionisti: le banche hanno visto calare il valore delle loro partecipazioni di 31,9 miliardi (-9,62%) da 331,9 miliardi a 300,1 miliardi; le assicurazioni e i fondi pensione registrano “plusvalenze” per 10,4 miliardi (+19,01%) da 55,1 miliardi a 65,6 miliardi. Variazione positive, inoltre, per le quote delle imprese, che hanno 5,6 miliardi in più (+1,55%) da 359,7 miliardi a 365,3 miliardi. “Bilancio” in attivo anche per le partecipazioni degli enti di previdenza, cresciute di 3,4 miliardi (+15,77%) da 22,1 miliardi a 25,6 miliardi. Bilancio positivo, inoltre, sia per quelle dello Stato centrale, cresciute di 3,4 miliardi (+3,10%) da 112,03 miliardi a 115,5 miliardi, sia per quelle degli enti locali, salite di 611 milioni (+2,14%) da 12,7 miliardi a 13,4 miliardi.
Per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il valore complessivo è aumentato di 116,7 miliardi (+25,29%), dai 461,6 miliardi del 2020 ai 578,4 miliardi del 2021. Il Covid, insomma, ha favorito la finanze e le operazioni speculative. Il primato nell’azionariato, spetta agli investitori esteri detentori del 46,64% delle quote, in netta diminuzione dal 51,74% del 2015 e in calo anche rispetto al 48,07% del 2020 (era al 49,06% a fine 2019). Nella speciale classifica, seguono le imprese col 19,68% (era il 16,65% nel 2020), le banche col 14,94% (era il 16,22%), le famiglie con il 12,43% (era il 12,05%), lo Stato col 4,66% (era il 5,39%), le assicurazioni e i fondi pensione con lo 0,96% (era lo 0,87%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (0,59%) e agli enti di previdenza (0,11%). Gli azionisti esteri hanno “aumentato” o “acquisito”, tra investimenti e incrementi delle quotazioni in Borsa, 47,8 miliardi (+21,56%) da 221,9 miliardi a 269,7 miliardi, le imprese hanno 36,9 miliardi in più (+48,12%) da 76,8 miliardi a 113,8 miliardi, mentre le famiglie hanno visto aumentare i loro pacchetti azionari di 16,2 miliardi (+29,26%) da 55,6 miliardi a 71,8 miliardi. Bilancio positivo, poi, anche per le banche con un aumento delle quote di spa quotate pari a 11,5 miliardi (+15,41%) da 74,8 miliardi a 86,4 miliardi. Salgono le quote di assicurazioni e fondi pensione di 1,5 miliardi (+37,41%) da 4,02 miliardi a 5,5 miliardi. Le quote in mano allo Stato centrale sono salite di 2,03 miliardi (+8,18%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 405 milioni (+13,60%) da 2,9 miliardi a 3,3 miliardi; positivo il saldo anche per le quote degli enti di previdenza, cresciute di 169 milioni (+37,56%) da 450 milioni a 619 milioni.
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