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BORSA: UNIMPRESA, FUGA FONDI STRANIERI DA PIAZZA AFFARI DURANTE PANDEMIA

Rapporto del Centro studi dell’associazione: cala dal 49% al 45% la percentuale del capitale delle spa italiane quotate detenuta da soggetti esteri. Dal 2019 al 2022 è cresciuta di 43 miliardi la capitalizzazione complessiva della società presenti sul listino milanese, da 522 miliardi a 565 miliardi. Il presidente Ferrara: «Quadro da allarme rosso. Servono misure per invertire la tendenza ed evitare massicci disinvestimenti». Boom del valore delle quote delle società per azioni (quotate e non) in mano alle famiglie, salite di oltre 201 miliardi (+23%)

Fuga degli investitori esteri da Piazza Affari durante la pandemia: tra la fine del 2019 e il primo trimestre del 2022, la percentuale del capitale delle società italiane quotate in Borsa detenuta dagli stranieri è calata dal 49% al 45%, mentre è salita lievemente sia quella in mano alle imprese (dal 3,8% al 4,7%) sia quella in capo alle famiglie (dall’11,7 al 12,2%%). Nel periodo in esame, la capitalizzazione totale delle spa presenti sul listino di Borsa è salita di quasi 43 miliardi (+8%), passando da 522 miliardi a 565 miliardi. Per quanto riguarda, invece, l’universo complessivo delle società per azioni (sia quelle quotate sia quelle non quotate), il valore è salito di oltre 236 miliardi (10%), salendo da 2.322 miliardi a 2.558 miliardi: è boom del valore delle quote delle società in mano alle famiglie, salite di oltre 201 miliardi (+23%). Sono i dati principali di un’analisi realizzata dal Centro studi di Unimpresa sul valore delle società per azioni e la ripartizione delle quote. «I disinvestimenti dei fondi esteri sono una spia che dovrebbe da un lato far scattare l’allarme rosso nel mondo economico-finanziario, dall’altro sollecitare i partiti che formeranno la nuova maggioranza di governo a promuovere, senza indugi, tutti gli interventi necessari a invertire la tendenza e trattenere i capitali dentro i nostri confini, evitando massicci disinvestimenti. È necessario varare, con la massima urgenza, un pacchetto di misure in campo fiscale, per snellire la burocrazia, per migliorare i tempi della giustizia civile, per abbassare il costo del lavoro e, più in generale, occorre rendere meno incerto il quadro normativo per chi fa impresa» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «La politica, quasi sempre, finge di interessarsi ai problemi del Paese, ma in realtà se ne occupa assai poco e non lo scopriamo oggi. Sono decenni che non viene delineato un progetto di rilancio lungimirante, che guardi realmente al futuro cercando di risolvere i problemi del momento» aggiunge il presidente di Unimpresa. 

Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato le statistiche della Banca d’Italia, il valore complessivo delle società quotate in Borsa è aumentato, durante i due anni di pandemia, di 42,9 miliardi di euro (+8,20%) salendo dai 522,9 miliardi di dicembre 2019 ai 565,8 miliardi di marzo 2022. Per quanto riguarda le quote di possesso, il valore delle partecipazioni di aziende presenti sul listino di Piazza Affari, detenute dalle imprese, è passato da 90,8 miliardi a 121,9 miliardi in crescita di 31,9 miliardi (+35,41%). La quota delle partecipazioni detenute dalle banche è passata da 80,7 miliardi a 84,6 miliardi in crescita di 3,8 miliardi (+4,78%). Il valore delle spa quotate in mano ad assicurazioni e fondi pensione è salito di 2,08 miliardi (+48,78%) da 4,2 miliardi a 6,3 miliardi. In calo, invece, il valore delle quote detenute dallo Stato centrale e quelle degli enti locali, rispettivamente di 2,6 miliardi (-10,17%) e di 170 milioni (-5,26%), nel primo caso passando da 26 miliardi a 23,3 miliardi, nel secondo caso da 3,2 miliardi a 3,06 miliardi. Flessione anche sul versante degli enti di previdenza: valore delle quote diminuito di 43 milioni (-7,89%) da 545 milioni a 502 milioni. È significativamente cresciuta il valore di Piazza Affari in mano alle famiglie: più 7,9 miliardi (+12,92%) da 61,4 miliardi a 69,3 miliardi.

L’aumento della capitalizzazione complessiva di Piazza Affari ha consentito di rimescolare le percentuali di possesso: la “geografia” finanziaria italiana risulta così assai diversa se si confronta il quadro di fine 2019 rispetto a quello del primo trimestre del 2022. Durante i due anni di pandemia, dunque, i fondi esteri hanno visto calare il valore dei loro asset societari italiani di 30 milioni (-0,01%) da 256,54 miliardi a 256,51 miliardi, ma in termini percentuali è sceso ancora di più il loro peso su Piazza Affari: se, infatti, a fine 2019, i soggetti stranieri detenevano il 49,06% delle quote di società quotate, questa percentuale è scesa al 45,34% a marzo scorso. Un percorso negativo del quale hanno approfittato soprattutto le imprese, passate dal 3,88% al 4,77%, e le famiglie, passate dall’11,75% al 12,26%. Assicurazioni e fondi pensioni sono passati dallo 0,82% all’1,12%. In discesa, invece, le quote di partecipazioni detenute dalle banche (dal 15,45% al 14,96%), dallo Stato centrale (dal 4,97% al 4,13%), dagli enti locali (dallo 0,62% allo 0,54%), dagli enti di previdenza (dallo 0,10% allo 0,09%). 

Guardando invece l’universo delle società per azioni italiane, si scopre che il valore complessivo è salito di 236,1 miliardi (+10,17%), dai 2.322,2 miliardi di dicembre 2019 ai 2.558,4 miliardi di marzo 2022. Saldo positivo per le imprese, il cui patrimonio societario ha registrato una crescita di 30,03 miliardi (+8,49%) da 353,7 miliardi a 383,7 miliardi. Bilancio negativo per le banche: le loro quote in società per azioni sono scese di 14,5 miliardi (-4,84%) da 301,6 miliardi a 287,08 miliardi. Positivo anche l’andamento del patrimonio societario detenuto da assicurazioni e fondi pensione: da 61,08 miliardi a 72,2 miliardi in crescita di 11,1 miliardi (+18,25%). Positivo il bilancio per lo Stato centrale, che registra un incremento del valore delle sue imprese di 4,8 miliardi (+4,30%) da 111,8 miliardi a 116,6 miliardi. Negativo, invece, il bilancio degli enti locali: le società di comuni e regioni, infatti, hanno bruciato valore per 1,04 miliardi (-7,48%) scendendo da 14 miliardi a 12,9 miliardi. Più vistoso il decremento sul patrimonio societario degli enti di previdenza, calato di 12,8 miliardi (-65,19%) da 19,7 miliardi a 6,8 miliardi. È boom, invece, del valore delle quote delle società in mano alle famiglie, salite di 201,5 miliardi (+22,95%) da 878,2 miliardi a 1.079,7 miliardi. Per i fondi esteri, invece, il valore delle società per azioni è salito di 17,1 miliardi (+2,95%) da 581,9 miliardi a 599,1 miliardi. 

Nel quadro generale delle società per azioni, sono le famiglie ad avere la più alta percentuale di possesso, salita dal 37,82% di fine 2019 al 42,30% di marzo 2022, mentre quella dei fondi stranieri è scesa dal 25,06% al 23,42%. Stabile la percentuale in mano alle imprese (dal 15,23% al 15,00%) e quella di assicurazioni e fondi pensione (dal 2,63% al 2,82%), mentre è in lieve calo quella delle banche (dal 12,99% all’11,22%). Nessuna variazione significativa anche per lo Stato centrale (dal 4,82% al 4,56%), per gli enti locali (dallo 0,60% allo 0,51%), per gli enti di previdenza (dallo 0,85% allo 0,27%).

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