di Marco Massarenti, Consigliere nazionale Unimpresa Sanità e Welfare
Una nuova filosofia aziendale conciliante dove non è la componente salariale l’aspetto più importante ma lo è la risposta alla nascita di esigenze rivolte alla propria tutela. E’ questo oggi il ruolo del welfare aziendale che contenendo misure con le quali le aziende possono aumentare il benessere dei propri lavoratori costituisce una leva di attrattiva e appare fondamentale nel favorire l’empowerment dei dipendenti. Tra tutti quello più richiesto è soprattutto quello sanitario.
Secondo il Rapporto Index Pmi 2021, il 92,2% delle imprese considera la salute e la sicurezza dei lavoratori fattori nodali per le sorti dell’impresa e il 22% di loro ha messo a punto iniziative incentrate sul loro benessere favorendo l’intesa vita-lavoro, dalla flessibilità oraria (35.8%), agli aiuti per la gestione di figli e anziani (7,2%). Durante la pandemia inoltre, le imprese hanno provveduto ad attivare piani legati ai servizi diagnostici per il Covid (43,8%) e alla presa in carico di nuove assicurazioni sanitarie (25,7%).
Se si pensa che i lavoratori soddisfatti sono motivati a fare meglio, che un dipendente che ha la consapevolezza di avere un aiuto economico ed un sostegno per la sua salute si sente tutelato e ciò contribuisce a migliorare la sua produttività, non è difficile capire che un’azienda che vuole progredire deve investire in misure di Welfare Sanitario.
Una situazione come quella pandemica appena trascorsa ha aperto gli occhi e la mente sui benefici del Welfare Sanitario rendendosi auspice di nuovi orizzonti che aprono a nuovi scenari finora poco considerati o sottovalutati.
L’emergenza sanitaria ha bussato in un periodo di particolare debolezza del nostro Servizio Sanitario Nazionale, dovuta soprattutto al calo delle risorse disponibili. Tale situazione ha determinato il ridimensionamento o la sospensione di molti servizi portando così ad un ritardo nelle cure. L’insufficienza strutturale sanitaria unitamente all’insufficienza organizzativa e organica ha creato condizioni devastanti e irrecuperabili mettendo a repentaglio la vita di molte persone.
Quante volte abbiamo sentito parlare di accessi inappropriati presso le strutture sanitarie pubbliche, di un surplus della domanda? Ma quante volte ci siamo risposti che in realtà la domanda di accesso al PS non è mai sbagliata, poiché è un diritto ma, ad esserlo è la risposta inadeguata, non all’altezza?
Sicuramente a causa di un aumento esponenziale della richiesta, tra i tanti problemi uno da annoverare è il sopraffollamento legato al pronto soccorso ma lo diventa nel momento in cui, come accade in Italia vi è carenza di medici per via dell’erroneo sistema universitario a numero chiuso per gli accessi alle facoltà sanitarie e per i numeri esigui dei posti dedicati alla specializzazione per le emergenze. Lo è anche a causa della riduzione delle assunzioni, messa in atto per realizzare una politica di risparmio ma che paradossalmente ha fatto maturare un costo di spesa sanitaria elevato oltre che accentuare il problema della carenza di personale; grana che si riflette anche nelle sale operatorie.
Altro punto riguarda l’importanza della prevenzione. Studi scientifici hanno dimostrato che processi efficaci di prevenzione e di promozione della salute, favorendo il mantenimento del benessere e della qualità della vita, riducono l’incidenza delle malattie e la mortalità e di conseguenza i costi per il Servizio Sanitario Nazionale. Tale prevenzione però deve avere la prerogativa di essere accessibile a tutti affinché le persone non si vedano costrette a dovervi rinunciare con il rischio di incorrere in malattie croniche, impatto che rappresenta un onere gravoso per il SSN.
Se fin ad oggi il sistema legato alla sanità è stato imprudentemente sotto-finanziato, oggi è necessario invertire la rotta e investire in servizi alla persona dando vita ad una catena produttiva dove pubblico e privato si incontrano per trovare la soluzione alle lunghe liste d’attesa, problema annoso che grava fortemente anche sul lavoro dei politici. Si stima che negli ultimi due anni le prestazioni rinviate siano state circa 30 milioni e l’ultimo dato Censis evidenzia che il 61,9% dei cittadini italiani è costretto a ricorrere alle cure private facendo lievitare l’ammontare della spesa sanitaria privata delle famiglie.
Dai dati dell’ultimo monitoraggio della Ragioneria dello Stato sulla spesa sanitaria emerge che la popolazione ha speso ben 116 miliardi di euro e cioè oltre 1,6 miliardi in più rispetto all’anno precedente; una famiglia normale arriva a spendere mediamente fino a 2.571 euro per le spese mediche e quasi un italiano su due rinuncia a cure mediche per motivi economici.
È chiaro che l’attenzione alla Sanità deve essere maggiore se si vuole evitare l’insorgenza di altri problemi. Il Welfare Sanitario è lo strumento idoneo a risolvere tali difficoltà attraverso una collaborazione pubblico-privato che potrebbe sfruttare maggiormente alcuni settori finora poco accreditati ma che potrebbero rappresentare il supporto atto a raggiungere la svolta necessaria.
Marco Massarenti
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