Vademecum sui limiti all’utilizzo di banconote. Da mercoledì 1 luglio massimo 2.000 euro per il cash, nessun paletto in banca per prelievi e versamenti. L’occhio dell’agenzia delle Entrate sui conti correnti, antiriciclaggio in azione sui movimenti oltre 10.000 euro mensili. Il presidente Ferrara: “Il momento peggiore per introdurre tetti, necessario favorire e stimolare i consumi delle famiglie”
Meno cash in circolazione, nessun limite specifico ai prelievi e ai versamenti del denaro contante in banca. Ma “nero” di fatto ancora libero per i mini acquisti, anche sfruttando il trucco dei pagamenti frazionati: le nuove soglie saranno facilmente aggirate col risultato che il gettito fiscale non subirà vantaggi particolari, ma i consumi potrebbero subire una stretta anche per motivi di tipo psicologico. Ecco il vademecum di Unimpresa in vista dell’entrata in vigore, da mercoledì 1 luglio, del nuovo tetto per i pagamenti con le banconote che cala da 3.000 a 2.000 euro che poi scenderà ancora a 1.000 euro da gennaio 2022. “È il momento peggiore per introdurre tetti al contante: con la peggiore crisi degli ultimi decenni da affrontare, tutte gli sforzi vanno indirizzati per favorire e stimolare la spesa e non per fiaccare gli acquisti delle famiglie” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo quanto spiegato dal Centro studi di Unimpresa, dal giorno 1 luglio 2020, cala da 3.000 a 2.000 euro il limite per eseguire pagamenti con denaro contante. Per l’esattezza le soglie sono rispettivamente 2.999,99 euro e 1.999,99 euro. Da gennaio 2022 si scenderà ulteriormente a 1.000 euro (999,99 euro). La norma è stata introdotta con la manovra sui conti pubblici per il 2020 (decreto legge fiscale 124/2019 convertito in legge 157/2019).Per i pagamenti di importo maggiore diventa obbligatorio l’utilizzo di bonifici, strumenti digitali e denaro di plastica (carte di credito e bancomat). Il concetto di fondo è la tracciabilità. Le sanzioni partono da 3.000 euro e arrivano fino a 50.000 euro per una singola operazione, secondo la gravità dell’infrazione.
La stretta al contante ha un duplice obiettivo: contrastare l’evasione fiscale e combattere il riciclaggio del denaro sporco (traffico di stupefacenti, vendita di armi, …). In linea teorica, la mera circolazione di denaro contante non ha alcun limite poiché le soglie riguardano i pagamenti “ufficiali”. I tetti imposti per legge mirano a rendere la vita complicata per “spendere” il cash per l’acquisto di beni e servizi non “in nero”. Ma fino a importi non rilevanti – alcune migliaia di euro – il “nero” potrà continuare ad avere gioco facile rispetto ai controlli. Tutto, insomma, dipende dalla capacità di spesa e dalle esigenze di chi incassa il contante. Senza dimenticare la possibilità di frazionare formalmente i pagamenti con multipli delle soglie introdotte (10.000 euro possono essere divisi in 5 “rate” da 2.000) né il fatto che chi ha incassato illecitamente denaro contante può a sua volta continuare a pagare senza alcuna tracciabilità, facendo leva anche su motivazioni fiscali del destinatario.
L’OCCHIO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SUI CONTI CORRENTI BANCARI
Non esistono limiti specifici per quanto riguarda la movimentazione di denaro in banca, sia per quanto riguarda i prelievi sia per quanto riguarda i versamenti. Ciò perché il versamento o il prelievo non configura un cosiddetto trasferimento tra soggetti diversi. Tuttavia, i conti correnti sono soggetti a controlli da parte dell’agenzia delle Entrate – che ha accesso a tutti i dati bancari per accertamenti di natura tributaria. Stesso discorso per le verifiche da parte dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, per quanto riguarda le norme sull’antiriciclaggio. In questo caso, peraltro, l’operatore bancario può segnalare operazioni sospette in relazione a movimentazioni consistenti di contanti. Nel dettaglio, l’operatore potrebbe richiedere le motivazioni che hanno indotto al prelievo o l’origine di fondi oggetto di versamento (a esempio nel momento in cui il denaro movimentato si discosta di molto dall’operatività abituale del cliente o da quanto indicato nelle dichiarazioni dei redditi). Il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche non eccedenti la soglia normativa, e nello specifico, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio e l’attività del cliente, può costituire elemento di sospetto.
ANTIRICICLAGGIO: SOTTO I RIFLETTORI I MOVIMENTI MENSILI OLTRE 10.000 EURO
Va ricordato che da lunedì 2 settembre 2019 era già partito il nuovo meccanismo di controllo dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, che era stato introdotto e lasciato fermo ai box da una legge del 2017 volta al contrasto del riciclaggio di denaro sporco e frutto di evasione fiscale. Dallo scorso anno, sotto la lente dell’Uif (antiriciclaggio) finisce automaticamente chi movimenta contanti, tra prelievi e versamenti, oltre 10.000 euro in un mese anche con più operazioni di importo minore, ma comunque superiore a 1.000 euro. Banche e Poste devono segnalare queste situazioni con la nuova «comunicazione oggettiva» che viene effettuata ogni mese, obbligatoriamente, ma non equivale a una «segnalazione di operazione sospetta». Secondo quanto stabilito dall’Uif (provvedimento 28 marzo 2019) le operazioni dovranno essere individuate considerando «tutte le movimentazioni di denaro effettuate dal medesimo soggetto, in qualità di cliente o di esecutore; le operazioni effettuate dall’esecutore sono imputate anche al cliente in nome e per conto del quale ha operato».
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