Secondo l’analisi, basata sui dati del Documento di economia e finanza approvato lo scorso 10 aprile dal governo, la spesa statale salirà anno dopo anno per arrivare a quota 864,1 miliardi nel 2019. Nel 2014, il bilancio si è fermato a 826,2 miliardi, nel 2015 aumenterà a 827,1 miliardi (+884 milioni), nel 2016 a 842,1 miliardi (+15,9 miliardi), nel 2017 a 844,6 miliardi (+18,3 miliardi), nel 2018 a 854,4 miliardi (+28,1 miliardi) e nel 2019 a 864,1 miliardi (+37,8 miliardi). Complessivamente nel quinquennio in esame la spesa pubblica salirà di 101,1 miliardi (+12,24). A incidere sugli incrementi è la voce di bilancio “uscite correnti” (stipendi dipendenti pubblici, pensioni, forniture, appalti, acquisti) che nel 2014 si è attestata a 692,3 miliardi, nel 2015 salirà a 697,5 miliardi (+5,2 miliardi), nel 2016 a 707,2 miliardi (+14,8 miliardi), nel 2017 a 715,4 miliardi (+23 miliardi), nel 2018 a 725,7 miliardi (+33,4 miliardi) e nel 2019 arriverà a 737 miliardi (+44,6 miliardi): nell’arco dei cinque anni ci sarà un incremento di 121,3 miliardi (+17,5%). Incremento che renderà vani i risparmi destinati a registrarsi sul fronte della spesa per interessi sul debito pubblico, vale a dire gli interessi pagati per i titoli di Stato: nel 2014 sono stati pagati ai sottoscrittori di bot, btp, cct e ctz 75,1 miliardi, mentre nel 2015 verranno pagati 69,3 miliardi (-5,7 miliardi), nel 2016 71,2 miliardi (-3,9 miliardi), nel 2017 69,2 miliardi (-5,9 miliardi), nel 2018 68,2 miliardi e nel 2019 67,6 miliardi (-7,5 miliardi). In totale, il tesoretto derivante dalla minor spesa per interessi sul servizio del debito programmata dal governo è pari a 30,2 miliardi (-40,1%). In lieve crescita, la spesa per investimenti o in conto capitale: questa voce di bilancio nel 2014 si è fermata a 58,7 miliardi, nel 2015 si attesterà a 60,1 miliardi (+1,4 miliardi), nel 2016 a 63,7 miliardi (+4,9 miliardi), nel 2017 a 59,9 miliardi (+1,2 miliardi), nel 2018 a 60,4 miliardi (+1,6 miliardi) e nel 2019 a 59,4 miliardi (+724 milioni): in totale si registrerà, nel quinquennio, un aumento di 10 miliardi (+17,1%).
“Nel giro di pochi anni sono stati cambiati tre-quattro volte i commissari alla spending review, ma i risultati dei tagli ai conti pubblici, annunciati sempre in pompa magna nelle conferenze stampa, non si vedono. Non ha senso cambiare le persone se manca la volontà politica di dare sforbiciate alle sacche di sprechi del bilancio dello Stato e della pubblica amministrazione in genere” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Secondo il presidente di Unimpresa “la politica economica del governo è sballata: il bilancio pubblico non si tocca, sul fronte degli sprechi, e non si incrementa, invece, la spesa produttiva, quella per le grandi opere pubbliche”.
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