E’ cresciuto di oltre 211 miliardi di euro il debito pubblico italiano durante la diciassettesima legislatura. Da febbraio 2013 a novembre 2016 il buco nelle finanze statali è passato da 2.018 miliari a 2.229 miliardi, con un incremento superiore al 10%. Tutto questo nonostante il supporto della Banca d’Italia che, nell’ambito delle operazioni di politica monetaria della Banca centrale europea, ha costantemente aumentato gli acquisti di titoli di Stato del nostro Paese, passando dai 95 miliardi di inizio legislatura ai 266 miliardi di fine 2016 (+174%). Il debito è cresciuto anche se il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche è calato di oltre 5 miliardi tra il mese di febbraio 2013 e novembre scorso. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa sull’andamento dei conti pubblici italiani nella legislatura in corso, secondo cui il debito pubblico in questi anni è costanmente aumentato: a fine 2013 ha sfiorato i 2.070 miliardi, alla fine del 2014 era a quota 2.137 miliardi e alla fine del 2015 aveva raggiunto 2.172 miliardi.
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, nel corso della diciassettesima legislatura il debito pubblico del nostro Paese è cresciuto di 211,1 miliardi (+10,46%) passando dai 2.018,2 miliardi di febbraio 2013 ai 2.229,4 miliardi di novembre 2016. L’analisi consente di osservare una costante crescita: alla finel del 2013 il “buco” nei conti dello Stato era già arrivato a 2.069,3 miliardi, con un aumento, in soli 11 mesi, di oltre 50 miliardi; nel corso del 2014 è stata superata la soglia dei 2.100 miliardi e alla fine dell’anno l’asticella si è fermata a quota 2.137,1 miliari per poi salire ancora nei 12 mesi successivi e chiudere, alla fine del 2015, a 2.172,6 miliardi.
Sull’andamento delle finanze pubbliche – sotto i riflettori in queste settimane sia per il ritorno delle tensioni sullo spread (il differenziale di rendimento tra btp italiani e bund tedeschi) sia per i richiami dell’Unione europea sullo sforamento dei parametri di bilancio e in particolare sul rapporto tra deficit e pil – non hanno inciso come sperato gli acquisti di titoli di Stato da parte della Banca d’Italia. Nell’ambito delle operazioni di politica monetaria decise e coordinate dalla Banca centrale europea, è nettamente cresciuta infatti la quota di debito pubblico del Paese detenuta dalla Banca d’Italia: la quota di bot e i btp comprati dall’istituto di Via Nazionale è più che raddoppiata, aumentando di 169,2 miliardi (+174,52%) dai 96,9 miliardi di febbraio 2013 au 266,1 miliardi di novembre 2016; il debito pubblico italiano detenuto dalla Banca d’Italia era a quota 99,5 miliardi alla fine del 2013, a quota 106,3 miliardi alla fine del 2014 e a quota 169,5 miliardi alla fine del 2015. Nel corso della legislatura in esame, anche sul fabbisogno sono stati registrati segnali positivi: dai 12,7 miliardi di febbraio 2013 si è passati ai 7,1 miliardi di novembre 2016 con una diminuzione di 5,6 miliardi (-44,13%). Il fabbisogno si è attestato a 76,9 miliardi a dicembre 2013, a 66,5 miliardi a dicembre 2014 ed è stato negativo per 5,6 miliardi a dicembre 2015.
“Ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha detto che lo spread a quota 200 ricorda al governo che deve tagliare il debito. Siamo d’accordo, ma ci permettiamo di segnalare che in questa legislatura la crescita del rosso è abnorme, oltre il 44%” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
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