Valgono oltre 300 miliardi di euro le garanzie pubbliche che “ballano” sul bilancio pubblico italiano. Si tratta, nel dettaglio, di 302,3 miliardi che corrispondono al 14,5% del prodotto interno lordo del Paese: una massa di denaro enorme che fa segnare una ormai stabile presenza dello Stato nell’economia, ancorché con strumenti indiretti e meno pervasivi rispetto alle partecipazioni azionarie. Di questi, circa 8 miliardi attengono a interventi europei, altri 123 miliardi a misure emergenziali attuate come risposta alla crisi economica innescata dal Covid, poco più di 37 miliardi sono “impegnati” come fondi vari legati a misure per superare la crisi energetica e altri 133 miliardi a strumenti di garanzia ordinari. In termini assoluti, la voce più rilevante è quella corrispondente al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, nell’ambito dei provvedimenti anti-Covid, che vale oltre 98 miliardi, quasi un terzo del totale e pari al 4,7% del pil. «La crescita dell’esposizione dello Stato, legata agli interventi attraverso garanzie pubbliche varati in piena crisi, ha consentito di assicurare la liquidità e l’accesso al credito da parte delle imprese e ha significativamente mitigato il rischio di insolvenza e fallimenti. Tuttavia, occorre capire quale sarà l’evoluzione dei settori economici supportati con gli interventi pubblici e quale sarà l’andamento delle imprese aiutate, in particolare col fondo centrale di garanzia: in assenza di una crescita robusta del nostro pil, il rischio, infatti, sia da un punto di vista privati sia da un punto di vista pubblico, è di avere perdite di carattere esponenziale» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati dell’ultimo Documento di economia e finanza, il totale delle garanzie pubbliche, si attesta a 302,3 miliardi di euro, cifra che corrisponde al 14,5% del pil. Le garanzie si possono dividere in quattro aree: interventi europei attivati tra il 2020 e il 2022, risposta al Covid, risposta alla crisi energetica innescata dal conflitto in Ucraina e altre di tipo ordinario o comunque preesistenti. Il primo ambito, quello degli interventi definiti con l’Unione europea, vale in tutto 8,3 miliardi (0,4% del pil): 2,9 miliardi di garanzie (0,14% del pil) sono per il programma Sure (fondo per garantire l’occupazione), 5 miliardi (0,24% del pil) servono per sostenere il fondo di garanzia paneuropeo e altri 417 milioni (0,02% del pil) sostengono interventi per l’Ucraina. Il secondo capitolo, di carattere emergenziale, è quello del Covid, che vale 123,1 miliardi (5,9% del pil): in questo bacino si trovano, 98,1 miliardi (4,7% del pil) nel fondo di garanzia pmi, 18,7 miliardi (0,9%) per la misura Garanzia Italia, 2,1 miliardi (0,1% del pil) per le “polizze” Sace e altri 4,1 miliardi (0,2% del pil) per il fondo prima casa. La terza sezione della galassia delle garanzie pubbliche riguarda gli interventi attuati dal governo per reagire alla crisi energetica, che impegnano lo Stato, sotto forma di garanzie, per una cifra complessiva pari a 37,5 miliardi (1,8% del pil): 16,6 miliardi (0,8% del pil) sono ascrivibili al fondo di garanzia pmi e altri 16,6 miliardi (0,8% del pil) per il pacchetto di misure denominato SupportItalia, mentre gli ultimi 4,1 miliardi (0,2% del pil) sono per garanzie Sace. Le garanzie dello Stato non sono state usate solo per gestire le emergenze, ma anche come forma ordinaria di sostegno alle imprese e all’economia in generale; questo quarto settore, il più corposo e probabilmente quello che presenta meno rischi, vale 133,4 miliardi (6,40% del pil) e contempla sette tipi di interventi: il fondo di garanzia pmi con 20,8 miliardi (1% del pil), le emissioni obbligazionarie di Cassa depositi e prestiti con 2,9 miliardi (0,14% del pil), le garanzie per gli enti locali con 2,1 miliardi (0,1% del pil), quelle della Sace con 70,1 miliardi (3,36% del pil), le Gacs (ovvero le garanzie per le sofferenze delle banche) con 10,4 miliardi (0,5% del pil), il fondo prima casa con 20,8 miliardi (1% del pil) e la garanzia Green deal con 6,2 miliardi (0,3% del pil).
«Il dato del 2023, 14,5% del pil, risulta in lieve calo rispetto al 15,9% registrato a fine 2022 e in calo rispetto al picco raggiunto durante la pandemia (16,1% del pil), ma comunque ancora pari a circa il triplo rispetto al 4,8% di fine 2019. Pandemia e crisi energetica, dunque, hanno cambiato drasticamente il paradigma della presenza dello Stato nella nostra economia, che, come si evince, non si caratterizza soltanto con la diretta partecipazione di soggetti pubblici nell’azionariato delle imprese, ma anche con varie forme di sostegno indiretto» spiegano gli analisti del Centro studi Unimpresa.
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