Analisi del Centro studi dell’associazione: pesante effetto Covid sulle casse dello Stato. Le restrizioni decise dal governo per far fronte alla pandemia hanno ridotto il gettito fiscale del 6%, dai 460 miliardi del 2019 ai 432 miliardi del 2020, facendo lievitare le uscite, su base annua, di oltre il 13%, da 552 miliardi a 626 miliardi. Disavanzo tra entrate e uscite da 92 miliardi a 193 miliardi: sbilancio complessivo di oltre 101 miliardi. L’anno scorso il debito, arrivato a quota 2.569 miliardi, è cresciuto in media di 13,2 miliardi al mese, un ritmo ben più sostenuto rispetto ai 2,4 miliardi del 2019 e ai 4,3 miliardi del 2018. Il vicepresidente Spadafora: «Chiediamoci chi pagherà questo enorme indebitamento che dispiegherà i suoi effetti nei prossimi decenni»
Oltre 73 miliardi di euro in più di spesa e 28 miliardi di minori entrate l’anno scorso: sono i pesanti effetti del Covid e del lockdown sul bilancio dello Stato sui quali pesa, di fatto, uno sbilancio complessivo di oltre 101 miliardi. L’economia ferma e le restrizioni decise dal governo per far fronte alla pandemia hanno ridotto il gettito fiscale del 6%, dai 460 miliardi del 2019 ai 432 miliardi del 2020, facendo lievitare le uscite, su base annua, di oltre il 13%, da 552 miliardi a 626 miliardi. L’anno scorso il debito, arrivato a quota 2.569 miliardi, è cresciuto in media di 13,2 miliardi al mese, un ritmo ben più sostenuto rispetti ai 2,4 miliardi del 2019 e ai 4,3 miliardi del 2018.
Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa sulle casse dello Stato nel 2020, secondo la quale aprile, maggio e giugno sono stati i mesi più duri per quanto riguarda le entrate tributarie (con riduzioni rispettivamente del 20%, del 27% e del 19% su base annua), mentre i maggiori esborsi si sono registrati a giugno, settembre e novembre (con incrementi, rispetto all’anno precedente, pari al 100%, al 57% e al 41%). «Sui dati occorre riflettere in maniera lungimirante e costruttiva, con la doverosa preoccupazione e con responsabilità. Anzitutto, chiediamoci chi pagherà questo enorme indebitamento aggiuntivo che, creato nel 2020, dispiegherà i suoi effetti nei prossimi decenni» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «La ripresa economica non dovrà soltanto colmare la perdita sul fronte del prodotto interno lordo, che è drammatica e storicamente spaventosa, ma dovrà, contestualmente, gettare le basi per un rapido riavvicinamento all’equilibrio delle finanze pubbliche. Grava, sulle future generazioni, un fardello pesantissimo che è stato creato da un momento eccezionale, perciò va subito avviata una inversione di tendenza, anche ricorrendo, definitivamente, a una lotta agli sprechi, aggredendo le sacche della spesa pubblica improduttiva» aggiunge il vicepresidente di Unimpresa.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha incrociato dati della Banca d’Italia e del ministero dell’Economia, gli effetti del lockdown sulle casse dello Stato hanno portato, l’anno scorso, a 28,05 miliardi di minori entrate (-6,09%), passate dai 460,6 miliardi del 2019 ai 432,6 miliardi del 2020, e a maggiori uscite pari a 73,4 miliardi (+13,29%), salite da 552,7 miliardi a 626,2 miliardi. La somma algebrica di questi due valori porta a uno sbilancio complessivo di 101,5 miliardi, con il disavanzo tra entrate e uscite più che raddoppiato in 12 mesi, da 92,1 miliardi a 193,6 miliardi. Il debito pubblico, alla fine dello scorso anno, è arrivato a quota 2.569,2 miliardi, con una impennata di 159,3 miliardi (+6,61%) rispetto ai 2.409,9 miliardi del 2019, quando il debito era cresciuto di “soli” 29,5 miliardi (+1,24%) rispetto ai 2.380,3 miliardi del 2018, anno in cui la montagna era salita di 51,6 miliardi (+2,22%) rispetto ai 2.328,6 miliardi del 2017. L’anno scorso il debito è cresciuto in media di 13,2 miliardi al mese, un ritmo ben più sostenuto rispetto ai 2,4 miliardi mensili del 2019 e ai 4,3 miliardi al mese del 2018.
I mesi più colpiti, sul fronte delle entrate, nel 2020, sono stati aprile, maggio, giugno e ottobre, con riduzioni del gettito rispettivamente di 6,2 miliardi (-20,43%), 9,4 miliardi (-27,67%), 6,4 miliardi (-19,89%) e 6,07 miliardi (-15-54%); cali degli incassi più contenuti si sono registrati a marzo (-4,38%), a luglio (-5,73%) e a dicembre (-6,96%) con “buchi”, rispetto all’anno precedente, di 1,2 miliardi, 2,6 miliardi e 5,1 miliardi. Per quanto riguarda le uscite, i maggiori esborsi si sono registrati a maggio, giugno, settembre e novembre, con aumenti della spesa rispettivamente di 10,2 miliardi (+40,28%), 27,1 miliardi (100,58%), 18,4 miliardi (+57,06%) e 23,8 miliardi (+41,74%); incrementi meno accentuati, poi, anche a gennaio (+36,55%, non riconducibile, comunque, all’emergenza Covid), marzo (+32,23%) e a dicembre (+4,15%), con le uscite salite di 7,5 miliardi, 17,7 miliardi e 3,5 miliardi.
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