Analisi del Centro studi dell’associazione: uscite esplose per emergenza Covid. Ma in futuro pesa l’aumento della spesa per le pensioni: dal 15,7% del pil quest’anno al 16,1% stabile nei prossimi anni. Prima impennata nel 2020 con 75 miliardi extra sul 2019 (più 9%), poi nel 2021 crescita di 40 miliardi (più 4%). Quest’anno nuovo aumento di quasi 23 miliardi (più 2%) e totale a 1.008 miliardi. Il peso delle pensioni sul triennio 2023-2025: assegni Inps. dal 15% al 16% del pil. Il presidente Ferrara: «Giusto intervenire con misure in deficit e con nuovo debito per tamponare la crisi, ma in prospettiva è necessario avviare un sentiero di rientro alla normalità. Adesso bisogna puntare sulla crescita economica, non su quella del debito pubblico»
Spinta dall’emergenza Covid, la spesa pubblica del nostro Paese si appresta a superare, per la prima volta, quota 1.000 miliardi di euro: è un record storico. Alla fine del 2022, il totale delle uscite dal bilancio dello Stato, comprese quelle di regioni e province, si attesterà a oltre 1.008 miliardi di euro in aumento di quasi 40 miliardi rispetto allo scorso anno. In futuro, non si torna indietro: anche nel 2023 e nel 2024, dalle casse pubbliche continueranno a uscire oltre 1.000 miliardi annui, più di 1.032 miliardi nel 2023, più di 1.028 miliardi nel 2024 e più di 1.045 miliardi nel 2025. In futuro, peserà l’aumento delle pensioni: rispetto al prodotto interno lordo, l’incidenza degli assegni Inps sul totale della spesa passerà dal 15,7% del 2022 più del 16% per il triennio 2023-2025; mentre si spenderà meno per gli stipendi dei dipendenti pubblici: dal 10,0% di quest’anno all’8,8% del 2025. È quanto emerge da un documento del Centro studi di Unimpresa, secondo cui la corsa della spesa pubblica è cominciata nel 2020, primo anno di pandemia, quando è cresciuta di 75 miliardi rispetto al 2019, in salita di quasi il 9% a quota 946 miliardi, per poi aumentare ancora nel 2021 di altri 39 miliardi (più 4%) a 985 miliardi; alla fine del 2022, la crescita rispetto all’anno precedente sarà pari a quasi 23 miliardi (più 2%). «Bisogna puntare sulla crescita economica, non su quella del debito pubblico. La drammatica situazione creatasi con il Covid-19, che è stato prima un’emergenza sanitaria e poi una profonda crisi economica, ha inevitabilmente costretto il governo a manovre sui conti pubblici in deficit, facendo esplodere la spesa dello Stato e impennare il debito. Si è trattato di decisioni inevitabili e condivisibili, perché grazie alle scelte degli scorsi anni, il nostro Paese ha retto agli scossoni della tempesta economica e ha superato le fasi acute della pandemia. Tuttavia, adesso occorre ristabilire un percorso di risanamento: la storia ci insegna che le gestioni emergenziali, diventando permanenti, possono cagionare danni irreparabili. Occorre programmare e avviare un sentiero di rientro alla normalità» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato i dati dell’ultimo Documento economia e finanza, alla fine del 2022 il totale della spesa pubblica arriverà a quota 1.008,8 miliardi in aumento di 22,8 miliardi (più 2,3%) rispetto all’anno precedente, quando le uscite si erano attestate a quota 985,9 miliardi, in crescita di 39,7 miliardi rispetto ai 12 mesi precedenti (più 4,2%). È proprio il 2020, l’anno in cui si osserva un sensibile incremento della spesa pubblica: l’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19 ha richiesto enormi esborsi finanziari, sia per gli aspetti sanitari sia per le ricadute economiche, ragion per cui, rispetto al 2019, dalle casse dello Stato sono usciti 75,4 miliardi in più, portando il totale a 946 miliardi, facendo superare per la prima volta quota 900 miliardi, con una crescita dell’8,7%. Negli anni precedenti il ritmo di crescita era stato assai più contenuto: gli 870,7 miliardi toccati nel 2019 avevano fatto registrare un aumento di 17,1 miliardi (più 2,0%) sull’anno precedente, quando le uscite complessive si erano attestate a 853,6 miliardi, in salita di 14,1 miliardi (più 1,7%) sul 2017 che fece segnare una crescita di 10,2 miliardi della spesa statale (più 1,2%) fino a 839,5 miliardi. Nel 2016, invece, si era registrata una lieve contrazione: un calo di 7,7 miliardi sul 2015, che fece scendere il totale a 829,3 miliardi (meno 3,2%). Ma, nella serie storica recente, si è trattato di un evento raro: il bilancio dello Stato nel 2015, infatti, si è chiuso col totale delle uscite a quota 857,1 miliardi, con una crescita di 18,9 miliardi (più 2,3%).
Il futuro non lascia intravedere vistose inversioni: le stime preliminari indicano una crescita delle uscite di 23,4 miliardi nel 2023 (più 2,3%) a quota 1.032,2 miliardi, una lieve diminuzione di 4,1 miliardi nel 2024 (meno 0,4%) a 1.028,1 miliardi e poi di nuovo un ritorno all’aumento di 16,9 miliardi nel 2025 (più 1,7%), col totale che dovrebbe arrivare a 1.045,1 miliardi. Se per il periodo 2020-2022, l’impennata della spesa dello Stato sembra legata soprattutto all’emergenza Covid, in prospettiva occorre guardare con attenzione all’incremento delle uscite per le pensioni: rispetto al pil, infatti, quest’anno gli assegni peseranno, sul totale del bilancio pubblico, per il 15,7%, ma questa percentuale è destinata a salire e ad attestarsi stabilmente oltre quota 16% per tutto il triennio 2023-2025. In controtendenza, invece, la spesa per gli stipendi dei dipendenti pubblici, ambito nel quale lo Stato, in prospettiva, potrebbe risparmiare alcuni miliardi di euro: quest’anno il totale si attesterà a 188,8 miliardi, poi a 186,9 miliardi nel 2023, a 185,3 miliardi nel 2024 e a 185,6 miliardi nel 2025; rispetto al pil, l’incidenza è rispettivamente 10,0%, 9,5%, 9,1% e 8,8%
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