“L’intesa raggiunta nella notte alla COP29 di Baku rappresenta un compromesso importante e, per certi versi, inevitabile. Un compromesso che tiene conto della complessità di bilanciare gli interessi geopolitici, economici e sociali di una comunità internazionale che troppo spesso si divide sui dettagli, dimenticando l’urgenza della crisi climatica che ci accomuna tutti. questo compromesso mette sul tavolo due elementi fondamentali: la consapevolezza che nessuno può affrontare questa battaglia da solo e la necessità di uno sforzo coordinato per garantire che la transizione climatica non lasci indietro nessuno. Per una volta, possiamo riconoscere che la comunità internazionale ha scelto il dialogo e il compromesso anziché l’inerzia. Non è la soluzione definitiva, ma è il segnale che qualcosa si muove. E, in un mondo che spesso sembra incapace di agire, è già un motivo per sperare”.
Lo dichiara il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi, commento l’accordo raggiunto nella notte a Baku. “Il vero banco di prova, ora, sarà la capacità di monitorare e adattare l’accordo nel tempo. È essenziale che i Paesi rispettino gli impegni presi e che i finanziamenti promessi arrivino davvero a chi ne ha bisogno. Non solo: la transizione climatica ed energetica deve essere sostenibile non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. I costi della transizione non possono gravare unicamente sulle fasce più deboli della popolazione o sui Paesi meno sviluppati. È qui che si giocherà la partita più importante: garantire che le misure adottate per ridurre le emissioni e favorire le energie rinnovabili non diventino una nuova forma di disuguaglianza globale. Siamo di fronte a una sfida storica, e la strada da percorrere è ancora lunga. L’accordo di Baku è solo un primo passo, ma rappresenta una direzione chiara. Ora è fondamentale che i governi, le organizzazioni internazionali e il settore privato lavorino insieme per tradurre le promesse in azioni concrete. E, soprattutto, è necessario che la società civile rimanga vigile, pronta a chiedere conto dei risultati e a spingere affinché il processo non si fermi” aggiunge Longobardi.
Secondo il presidente onorario di Unimpresa “tra i punti qualificanti dell’accordo c’è l’impegno a mobilitare 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per sostenere le nazioni in via di sviluppo. È un passo avanti rispetto ai 100 miliardi stabiliti in passato, ma siamo onesti: non è ancora sufficiente. Tuttavia, rappresenta una chiara presa di coscienza da parte dei Paesi più ricchi, che finalmente accettano di dover fare di più. Il coinvolgimento delle istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Mondiale, e l’apertura a fondi privati dimostrano la volontà di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per affrontare una crisi che non ammette ritardi. Paesi come l’India e altre economie emergenti considerano questi sforzi ancora timidi rispetto alle reali necessità. E non hanno torto. La transizione energetica è un processo che richiede investimenti colossali, e il rischio è che i fondi annunciati restino sulla carta o si perdano in burocrazie eccessive. Inoltre, il mancato accordo su un piano concreto per ridurre gradualmente l’uso dei combustibili fossili è una ferita aperta che andrà curata nelle prossime fasi di confronto”.
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