«Il settore italiano della moda è in ginocchio, piegato dall’emergenza del Coronavirus: i piccoli artigiani, i giovani fashion designer, i nuovi brand e le attività commerciali stanno andando in contro a una crisi drammatica. Per questo è necessario far arrivare l’allarme a tutte le istituzioni, il governo, il Parlamento e le forze politiche. Non c’è più tempo da attendere, non si possono perdere altri giorni né ore perché c’è il rischio concreto, per chi ha abbassato le saracinesche di negozi, botteghe, aziende, di non riaprirle più. Il fashion system deve essere sostenuto con tutte le risorse possibili: servono fondi immediati, liquidità subito a disposizione, mentre sono inutili sia il credito di imposta sia le agevolazioni per facilitare l’accesso ai finanziamenti bancari che finirebbero per essere l’ennesimo aiuto per le grandi imprese». È quanto dichiara il presidente di Unimpresa Moda, Giancarlo Presutto, che invita il governo a «varare immediatamente alcune misure economiche fondamentali». Nel dettaglio, Unimpresa Moda propone: accesso al credito bancario con garanzia dello Stato, azzerando la burocrazia; sanatoria tombale su cartelle esattoriali Equitalia; sostegno ai giovani creativi che hanno aperto atelier e laboratori; contributo per il pagamento dei canoni di affitto per almeno 12 mesi; blocco delle bollette per almeno 6 mesi; sospensione di almeno sei mesi delle rate dei leasing.
Secondo Presutto «sono tanti in Italia giovani fashion designer e i nuovi brand che da pochi mesi hanno investito fino al loro ultimo euro per produrre e lanciare le collezioni, hanno speso per partecipare alla fashion week senza alcun vantaggio. Centinaia, poi, sono gli atelier per abiti da matrimonio che hanno visto congelare e disdire le prenotazioni, le collezioni estive ferme. E il comparto beachwear è al tracollo. La crisi innescata dall’emergenza sanitaria non creerà particolari problemi ai grandi brand, che hanno risorse operative importanti, continueranno a vendere online e accederanno a tutti gli incentivi erogati dallo Stato. Bisogna preoccuparsi soprattutto delle attività gestite dai piccoli imprenditori e alle realtà artigiane: lo erano, del resto, creativi illuminati come le sorelle Fontana, Ferrè, Versace, Valentino, Armani e tanti altri che sono cresciuti dal basso e con grande umiltà». A giudizio del presidente di Unimpresa Moda «tra i tanti giovani fashion designer italiani e piccoli brand ci sarà il futuro della moda mondiale. Senza dimenticare che le gradi aziende sono in mano a proprietà straniere e producono lontano dall’Italia: che rimane, quindi, all’economia italiana? I piccoli, le boutique, i commercianti, i produttori, le sartorie, i laboratori. Ma è anche corretto sostenere l’attività dei professionisti che operano nel campo degli eventi e che, oggi, non hanno alcuna certezza sul futuro né prospettive, al pari dei fotografi, dei parrucchieri e dei make up artist».
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