“L’ossessione del rigore dei conti pubblici corre il rischio di affossare l’economia italiana”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, commentando quanto è emerso oggi dal giudizio di parificazione della Corte dei conti sulla finanza pubblica del nostro Paese secondo cui è opportuno fare anche di più rispetto a quanto chiede l’Unione europea. “All’Europa abbiamo già dato tanto: negli ultimi 9 anni sono state varate manovre sui conti pubblici per complessivi 960 miliardi di euro per aggiustare le finanze statali, ora è venuto il momento di dire basta” aggiunge Ferrara.
Secondo una ricerca del Centro studi dell’associazione, tra il 2008 e il 2017 sono state varate manovre sulle finanze pubbliche per complessivi 960 miliardi, conteggiando sia le misure di entrata sia quelle di spesa. Si tratta di risorse finanziarie sparse in 52 provvedimenti normativi e 1.099 nuove voci di entrate nelle finanze statali e locali. Secondo la ricerca, l’indebitamento netto è cresciuto di 175 miliardi, con il fisco italiano che continua a essere il peggiore d’Europa.
L’analisi dell’associazione, poi – basata su dati della Corte dei conti, del Tesoro e dell’Ocse – si focalizza sul confronto internazionale e in particolare sui problemi del sistema tributario italiano. L’economia sommersa in Italia è pari al 21,1% del prodotto interno lordo rispetto alla media dell’Unione europea del 14,4%. L’evasione complessiva in Italia è al 24% del pil, mentre la media europea è inferiore al 20%. In particolare, l’evasione dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva) ha raggiunto la quota del 30,2% (sempre rispetto al pil), da confrontare col 17% della media europea. Il tasso di riscossione è pari ad appena l’1,13%, molto meno rispetto al 17,1% medio in questo caso dei Paesi Ocse. Quanto alla pressione fiscale complessiva, tenendo conti sia del carico tributario sia di quello contributivo, il tasso in Italia raggiunge il 64,8% rispetto al 40,6% del livello medio riscontrato in Europa. Anche dal punto di vista del lavoratore, il confronto è impietoso: il cuneo fiscale è pari in Italia al 49% mentre in Ue non arriva al 39%: si tratta della differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e la busta paga netta. I costi della burocrazia, parametrati sugli obblighi fiscali, sono pari a 269 giorni lavorativi in italia e a 173 giorni in media in Ue.
“Sono stata fatte tante scelte sbagliate, negli ultimi anni. La crisi avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per ridurre finalmente e definitivamente le tasse sia quelle a carico delle famiglie sia quelle a carico delle imprese” commenta ancora il presidente di Unimpresa. “Purtroppo – continua Ferrara – tutti i governi che si sono succeduti hanno preferito insistere e spingere sulla leva fiscale, aumentando anche le voci di spesa”.
Le tasse continueranno a crescere anche nei prossimi anni: le entrate pubbliche sfonderanno il muro degli 800 miliardi nel 2018. Si va incontro, infatti, a una stangata fiscale da quasi 80 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020. Nei prossimi quattro anni le tasse saliranno di 77,3 miliardi: dai 788 miliardi del 2016, quest’anno si arriverà a 799 miliardi per poi salire progressivamente fino agli 865 miliardi del 2020, con una impennata complessiva del 9,81%. “I numeri dicono sempre la verità e smascherano le prese in giro del governo, delle quali siamo ormai stufi” conclude Pucci.
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