«Con la pandemia è venuta alla luce la verità: il sistema sanitario italiano è risultato completamente inadeguato e non strutturato per gestire tutto ciò che riguarda la diagnostica e la prevenzione. In ambito ospedaliero molti professionisti dividono il proprio lavoro in “pre Covid-19” e “post Covid-19”, come se fossero due “ere geologiche”. L’avvento di questo virus ha gravemente peggiorato la salute anche di chi non è stato sfiorato da questo male, da coloro che si sono tenuti alla larga dai possibili scenari del contagio ma che, contestualmente, necessitavano di cure per patologie croniche. Il tema dell’accesso alle cure, delle liste d’attesa interminabili per fare visite specialistiche e diagnostiche che nella maggior parte delle volte sono urgenti, non può essere sottaciuto». È quanto scrive il presidente di Unimpresa Sport e tempo libero, marco Massarenti, in un documento pubblicato sul sito dell’associazione. «Uno studio della Società di cardiologia ha rilevato come vi sia stata una riduzione del 50% in terapia intensiva coronarica di pazienti con infarto ed altrettanti con patologie cardiache come fibrillazioni e scompensi. Come vanno letti questi dati? Possibile che molti, in altri ambiti di malattia, abbiano rinunciato alle visite o screening già programmati o abbiano risolto terapie e cure da soli? I dati a disposizione sugli accessi in pronto soccorso anche per acuzie sono un buon inizio per riflettere. Il risultato è che si configura una sorta di difficile accesso alle cure. Se alcuni ricercatori individuano la causa della spesa privata nelle inefficienze del sistema pubblico, altri sostengono di “non avere evidenze in questa direzione”. Il pensiero dominante è che dove c’è un maggior reddito ci si affida maggiormente alle strutture private per velocizzare l’iter delle visite specialistiche, invece, dove il reddito è basso. Prevenire o diagnosticare in tempi brevi una patologia ha dimostrato che costa molto meno che curare una patologia che diventa cronica» aggiunge Massarenti. Secondo il presidente di Unimpresa Sport e tempo libero «la sanità privata può diventare un alleato trasparente e valido del servizio sanitario pubblico, se riesce sostenerne il lavoro. Al modello ospedale-centrico andrebbe poi contrapposto un sistema capillare di medicina del territorio, che faccia assegnamento su reti di monitoraggio, informazione e assistenza sociosanitaria. Forse anche un sistema assicurativo per i lavoratori potrebbe venire incontro al pubblico/privato. L’assicurazione che tutti i dipendenti nel privato hanno, e spesso non utilizzano, darebbe la possibilità di accedere a varie alternative. L’idea sarebbe estendere questa forma di assicurazione a costi bassi, in parte pagata dall’utente e in parte pagata dal datore di lavoro, in tutti gli ambiti lavorativi sia pubblici che privati, estendendola a tutti i pensionati. Ciò permetterebbe di alleggerire le liste di attesa del servizio sanitario pubblico e garantire la prevenzione e la cura a tutte le persone».
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