Nonostante un vero e proprio boom, durante la pandemia, di disturbi della mente, nella popolazione italiana, che avrebbe avuto bisogno di un adeguato supporto per superare questo tipo di difficoltà, dalla legge di bilancio è stato inspiegabilmente cancellato il cosiddetto bonus psicologico da 50 milioni di euro. Un fondo dedicato a supportare il Servizio sanitario nazionale per finanziare l’attività di esperti, psicologi e psichiatri, al fine di curare le patologie psicologiche cresciute esponenzialmente nel corso degli ultimi due anni soprattutto per gli effetti causati dal lockdown e dalle altre misure restrittive introdotte per far fronte all’emergenza sanitaria. È quanto denuncia Unimpresa Sanità, secondo la quale, diversi studi dimostrano come oltre il 40% degli italiani ha riportato un peggioramento dei sintomi ansiosi e il 30% ha avuto ripercussioni sul ritmo sonno-veglia: a farne le spese sono soprattutto donne e adolescenti tra i 10 e i 19 anni; inoltre, con il prolungarsi della pandemia le relazioni sono diventate complicate, i rapporti genitori e figli quasi insostenibili, e vi è un progredire della violenza domestica. «Quella di cancellare il fondo per il bonus psicologico è una decisione che si scontra con i principi del Servizio sanitario nazionale, che ha il compito di tutelare il diritto alla salute intesa non soltanto come assenza di malattia, ma come benessere psico-fisico e sociale. Appare perciò inspiegabile, anche alla luce dei principi costituzionali, la scelta del governo e del Parlamento di cancellare la misura dalla manovra sui conti pubblici. Chi è al potere dovrebbe fidarsi del parere competente degli psicoterapeuti. Occorre accettare che il supporto psicologico non è un lusso o un capriccio così come non lo è la prevenzione in generale o il supporto per le cosiddette patologie invisibili e silenziose. Si tratta di malattie sotto molti aspetti invalidanti e che andrebbero aggiunti ai Livelli essenziali di assistenza» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa Sanità, Marco Massarenti. «Il governo e il Servizio sanitario dovrebbero pensare alle ripercussioni che ci saranno in futuro se questo aspetto verrà tralasciato: l’impatto sociale di una cattiva salute mentale potrebbe essere devastante poiché problematiche psicologiche non affrontate spianano la strada ad una società malata. Viene spontaneo chiedersi perché si è trovato l’accordo sul bonus monopattino, zanzariere, mobili, rubinetti e questo che invece è il più prezioso tra tutti è destinato a finire nel dimenticatoio. Probabilmente non se ne è ancora capita l’importanza oppure si sta aspettando di raggiungere l’irreparabile prima di reagire. All’interno del SSN, lo Stato, le Regioni e i Comuni devono collaborare tra loro per garantire condizioni di salute appropriate a tutti i cittadini, in questo caso invece, alcune regioni come Lombardia, Campania, Sicilia e Lazio stanno provvedendo in autonomi e, anche se amareggiate, non si sono lasciate sopraffare dalla sconfortante estromissione e si sono mobilitate. La Lombardia, a esempio, istituisce a titolo sperimentale lo psicologo di base nelle case di comunità con l’intento di inserire successivamente una figura stabile per tutta la popolazione. Decisione approvata all’unanimità dal consiglio regionale lombardo che ha l’obiettivo di dare gratuitamente a tutti i cittadini una figura di riferimento» aggiunge Massarenti.
Secondo il consigliere nazionale di Unimpresa Sanità «fortunatamente ci sono anche altre realtà che si muovono per dare supporto: si tratta di importanti iniziative private che danno la possibilità a chi ne ha bisogno di ricevere gratuitamente supporto attraverso terapia offerte con le donazioni altrui, colmando così i limiti del SSN che spesso non riesce a garantire una continuità con lo stesso terapeuta sballottando il paziente da un terapista all’altro allungandone i tempi di guarigione. La salute mentale è un diritto tanto quanto la salute fisica. Bisogna iniziare ad avere uno sguardo più lungo e accettare l’idea che la salute della mente e del corpo hanno la stessa importanza, che sono complementari, tant’è che l’una può avere effetti negativi o positivi sull’altra coinvolgendo molti ambiti, tra cui la famiglia, l’occupazione, la discriminazione e la cura stessa. È palese che da quando c’è la pandemia qualcosa non sta funzionando. Si spera che Il sistema politico insieme al Servizio Sanitario adotti delle misure di rettifica per andare incontro alle necessità di pazienti, operatori e per risolvere i problemi che stanno venendo alla luce».
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