Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei “deboli”. Il dato sui 9,24 milioni di persone è relativo al secondo quarto trimestre del 2013 e complessivamente risulta in aumento dell’2,2% rispetto al quarto trimestre del 2012, quando l’asticella si era fermata a 9,05 milioni di unità: in sei mesi quindi 198mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale.
Nel quarto trimestre dello scorso anno i disoccupati erano in totale 3,25 milioni: 1,69 milioni di ex occupati, 656mila ex inattivi e 906mila in cerca di prima occupazione. In diminuzione di 44mila unità gli inattivi scesi da 700mila unità a 656mila unità (-6,3%). I disoccupati risultano in aumento dell’8,9% rispetto all’anno precedente (+267mila persone). In aumento di 245mila unità gli ex occupati da 1,44 milioni a 1,69 milioni (+16,9%). Salgono anche le persone in cerca di prima occupazione, in aumento di 66mila unità da 840mila a 906mila (+7,9%).
In lieve calo, invece, il dato degli occupati in difficoltà: erano 6,06 milioni a dicembre 2012 e sono risultati 5,99 milioni a dicembre scorso. Un apparente restrizione dell’area di difficoltà che, invece, rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione. E’ evidente infatti uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono scesi di 51mila unità da 691mila a 640mila (-7,4%), mentre i contratti a termine full time sono scesi di 105mila unità da 1,67 milioni a 1,57 milioni (-6,3%). Calano anche i contratti di collaborazione (-54mila unità) da 405mila a 351mila (-13,3%). Risultano invece in aumento sia i contratti a tempo indeterminato part time (+4,2%) da 2,49 milioni a 2,6 milioni (+106mila) sia gli autonomi part time (+4,4%) da 794mila a 829mila (+35mila).
“Il Governo di Matteo Renzi deve prendere decisioni importanti: servono misure che consentano a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro. Offriamo all’Esecutivo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Può apparire anomalo – aggiunge Longobardi – che un’associazione di imprese analizzi il fenomeno dell’occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perché riteniamo che siano il cuore dell’impresa. Bisogna poi considerare che l’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del Governo”.
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