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Crisi. Unimpresa, +5% risparmio famiglie per paura recessione e nuove tasse

Gli italiani non spendono più e lasciano in banca quasi 45 miliardi di euro in più in un solo anno. La recessione, i timori per nuovi scossoni della crisi finanziaria e per nuovi inasprimenti fiscali frenano i consumi e le uscite: a giugno 2013 sono arrivati a quota 849,6 miliardi di euro i “salvadanai” delle famiglie in aumento di 44,6 miliardi rispetto agli 804,9 di giugno 2012 con una crescita del 5,55%. Lo rileva un’analisi del Centro studi Unimpresa che mette in evidenza un aumento complessivo delle riserve di imprese, famiglie e intermediari finanziari pari a 100 miliardi di euro.
Secondo lo studio di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, i depositi bancari sono cresciuti, tra giugno 2012 e giugno 2013, del 7,16% passando da 1.389,5 miliardi a 1.489 miliardi (+99,4 miliardi). Nel dettaglio, si registra un aumento per tutte le categorie di depositanti: sono saliti, infatti, i depositi delle aziende (+9,10%) passando da 180,7 miliardi a 197,2 miliardi (+16,4 miliardi) e quelli delle imprese familiari, passati da 45,2 miliardi a 46,1 miliardi (+2,11%) grazie a un “risparmio” di 953 milioni. In lieve calo invece le riserve delle organizzazioni non lucrative senza fini di lucro (onlus): i loro depositi risultano in diminuzione di 351 milioni, scesi a 21,8 miliardi (-1,58%) dai 22,1 dell’anno precedente. Aumentano del 23,68% i depositi di assicurazioni e fondi pensione, saliti da 18,2 miliardi a 22,5 miliardi (+4,3 miliardi). Pure le banche sembrano preferire i depositi che risultano in crescita del 10,5% da 318,2 miliardi a 351,6 miliardi (+33,4 miliardi), un ulteriore segnale della scarsa circolazione della liquidità che non viene immessa nel mercato del credito. Per i salvadanai delle famiglie il saldo è positivo di 44,6 miliardi (+5,55%) da 804,9 miliardi a a 849,6 miliardi.
Tra i risultati più rilevanti dell’analisi per “strumento”, i depositi vincolati a breve scadenza hanno registrato la crescita più alta tra giugno 2012 e giugno 2013: da 281,3 miliardi a 321,9 miliardi (+14,45%) con un amento di 40,6 miliardi. Per i pronti contro termine è stato rilevato un aumento di 18,5 miliardi da 129,6 miliardi a 148,1 miliardi (+14,29). Lo stock di denaro lasciato nel conto corrente è salito di 28,6 miliardi da 699,4 miliardi a 728 miliardi (+4,09%).
“E’ evidente che gli italiani, in particolare le famiglie, subiscono pesantemente i contraccolpi della crisi e la stanno pagando soprattutto in termini di crollo della fiducia. E’ proprio la paura di nuovi scossoni e l’incertezza sul futuro a frenare la spesa e quindi i consumi” osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Ma le famiglie e le imprese temono pure altre stangate fiscali. Oggi si saprà qual è il destino dell’Imu e una parte degli italiani continuerà a pagare il balzello sulla casa. Poi tra un po’ arriva il nodo Iva e siamo convinti che sia indispensabile scongiurare il previsto aumento dell’aliquota dal 21 al 22%. Un nuovo inasprimento dell’imposta sul valore aggiunto – spiega Longobardi – rappresenterebbe la mazzata finale sui consumi. Ciò non tanto per l’aumento dei prezzi causato dall’aumento fiscale, quanto dalla sensazione ormai diffusa fra la gente che non c’è più limite al prelievo da parte dello Stato”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve un segnale forte e questo segnale deve arrivare proprio dallo stop all’Iva magari accompagnato dall’impegno a riportare l’aliquota al 20% al più presto. Come abbiamo già osservato, il giro di vite Iva ha già provocato un calo del gettito e la riduzione delle entrate potrebbe aumentare ancora. Allo Stato non conviene alzare troppo l’asticella del fisco”.
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