Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia oltre che sulla nota di aggionrmento al Documento di economia e finanza del governo, nei prossimi anni potrebbero essere liberate importanti risorse per lo sviluppo. La stima parte dall’indicazione fornita dalla Banca d’Italia secondo cui 100 punti base di spread “valgono” circa 0,2 punti percentuali di pil nel primo anno, 0,4 punti nel secondo anno e 0,5 punti nel terzo anno. Nell’ultimo Documento di economia e finanza, il pil è stimato a circa 1.500 miliardi, mentre il differenziale tra i titoli del Tesoro e quelli tedeschi viene indicato sui 190 punti. Pertanto, se lo spread restasse a quota 130-140, ci sarebbe un vantaggio positivo pari a 60 punti base rispetto alle stime di spesa per interessi contenuta nel Def. Ne consegue che il risparmio, su un ipotetico arco triennale, sarebbe di 9,9 miliardi complessivi così suddivisi: 1,8 miliardi, 3,6 miliardi e 4,5 miliardi. Ben diverso il quadro se il calo del differenziale continuasse a questo ritmo. Se, a esempio, lo spread scendesse complessivamente di 100 punti rispetto ai 190 indicati nelle previsioni del governo, cioè giù fino a quota 90 punti, il tesoretto per le finanze statali, sempre su base triennale, salirebbe a 19,5 miliardi così suddivisi: 3 miliardi il primo anno, 6 miliardi il secondo anno e 7,5 miliardi il terzo.
“Non ci sono dubbi: i soldi che lo Stato riuscirà a risparmiare sul fronte della spesa per interessi, vanno destinati senza indugi all’abbattimento delle tasse. Se la Banca centrale europea ha fatto la sua parte con misure importanti sul versante del credito bancario alle imprese, ora spetta al governo di Matteo Renzi agire sul terreno di sua competenza, quello fiscale, intervenendo con tagli decisi al peso dei tributi, dopo le delusioni toccate con la legge di stabilità per il 2015” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Ufficio Stampa Unimpresa
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