Serbia, Montenegro, Croazia, Slovenia. E poi Egitto e Tunisia. Sono tra le mete preferite degli imprenditori italiani, specie quelli del Mezzogiorno ma anche del Nord Est, che stanno portando via dall’Italia pezzi rilevanti della produzione industriale e dell’economia italiana. Fisco più favorevole e costo del lavoro nettamente più contenuto sono le due ragioni principali che spingono le imprese del nostro Paese a fuggire verso i Balcani e il Nord Africa. Un fenomeno, secondo uno studio di Unimpresa in via di pubblicazione, cominciato qualche anno fa e che ha subito un’improvvisa accelerazione a causa della crisi finanziaria e della recessione.
Secondo la ricerca, molti imprenditori, nel pieno della bufera internazionale, si sono trovati a un bivio: chiudere o continuare la loro attività fuori dei confini nazionali, dove un contesto economico assai diverso favorisce l’insediamento di nuovi impianti industriali. Sgravi fiscali e incentivi di varia natura attraggono sempre di più le aziende tricolore. Una vera e propria emigrazione che ha preso il via con alcuni grandi gruppi industriali e adesso sta interessando anche realtà nel settore delle piccole e medie imprese. A forte rischio c’è l’attività di trasformazione agricola e l’industria conserviera. Col risultato che sulle nostre tavole arrivano prodotti made in Italy, lavorati nei Balcani e nel Nord Africa.
Dalla sera alla mattina vengono chiusi stabilimenti in Italia e il giorno dopo già si avvia un’attività all’estero: chi può cerca di garantire continuità ai lavoratori ma non sempre è possibile. Un quadro, quindi, che ha avuto un impatto drammatico sul fronte dell’occupazione: sono state perse decine di migliaia di posti di lavoro considerando sia quelli stabili sia quelli stagionali.
“Una situazione che ci preoccupa enormemente” dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Come diciamo da tempo – aggiunge – il nostro Paese ha bisogno di misure ad hoc, senza le quali non riuscirà a sopravvivere in un contesto in cui i concorrenti viaggiano da tempo con un benzina di qualità superiore: e non si tratta dei soliti noti, cioè dei colossi come Germania e Francia, ora dobbiamo guardarci anche da economie fino a poco tempo fa snobbate o considerate non attrattive. La nostra ricetta è nota: fisco, burocrazia, infrastrutture e giustizia civile sono ambiti nei quali, dentro i nostri confini, c’è molto da fare prima di rimettersi a parlare concretamente di creare nuovi posti di lavoro e mettere in moto il mercato dell’occupazione».
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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