Lo studio dell’associazione: dal 2008 al 2014 gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni con un calo di 856mila unità (-3,39%); in media bruciati 142mila posti di lavoro l’anno. Nell’area euro occupazione in caduta del 2,25% (-3,4 milioni) da 152,3 milioni a 148,8 milioni. Meno lavoro in tutti i paesi con l’eccezione della Germania(+4,35%) che ha dato impiego a 1,8 milioni di persone in più (da 41,2 milioni a 43 milioni). Il presidente Longobardi al premier Renzi: “Servono riforme, su fisco e credito, per dare la possibilità alle imprese di creare nuova occupazione”
In sei anni di crisi in Italia sono andati persi quasi 900m.000 posti di lavoro. Dal 2008 al 2014 nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni con un calo di oltre 856.000 unità (-3,39%). Nell’area euro l’occupazione è risultata in caduta del 2,25% (-4,3 milioni) da 153,3 milioni a 149 milioni. Unica eccezione è la Germania (+4,35%) che ha dato impiego a 1,8 milioni di persone in più (da 41 milioni a 42,8 milioni). Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa che ha analizzato l’andamento del mercato del lavoro in Italia e nell’area euro dal quarto trimestre 2008 al quarto trimestre 2014.
L’analisi di Unimpresa – basata su dati Banca d’Italia, Eurostat e Istat – mette in luce che nell’area euro (Unione europea a 18) l’occupazione è calata complessivamente da 152,3 milioni a 148,8 milioni: i posti di lavoro in meno pertanto sono 3,4 milioni (-2,25%). Dentro i nostri confini, in media si sono persi circa 142.000 posti di lavoro l’anno. Gli occupati erano 25,2 milioni a dicembre 2008 mentre già nel 2009 (quarto trimestre) erano calati a quota 24,8 milioni. Ancora una diminuzione nel 2010 (quarto trimestre) a 24,8 milioni, ancora giù a fine 2011 a 24,7 milioni e in calo dopo altri dodici mesi (dicembre 2012) con 24,6 milioni di occupati che a dicembre 2013 erano scesi a 24,2 milioni. L’ultima istantanea, quarto trimestre 2014, restituisce una fotografia a tinte fosche: rispetto ai 12 mesi precedenti si registra un lieve aumento (+94.000 unità), ma rispetto all’inizio della crisi (quarto trimestre 2008) sono andati persi 856.000 posti di lavoro con un calo percentuale pari al 4,08%.
Non solo l’Italia, comunque, vede diminuire l’area dell’occupazione. Fra i principali paesi che adottano la moneta unica, il quadro è negativo anche in Francia e Spagna. Nel dettaglio, in Francia nel quarto trimestre 2008 gli occupati erano 27 milioni mentre a dicembre 2014 risultavano 27 milioni: i posti di lavoro persi sono tornati quasi ai livelli precrisi e il calo è di appena 5.000 unità (-0,02%). In caduta libera l’occupazione in Spagna che ha assistito a un crollo della forza lavoro: da 20,8 milioni a 18,3 milioni, gli occupati in meno sono 2,5 milioni (-11,99%). In controtendenza la Germania: l’occupazione tedesca, nonostante la crisi finanziaria internazionale e la recessione che ha colpito l’Europa oltre che il resto del Mondo, è aumentata del 4,35% da 41,2 milioni a 43 milioni con una crescita di 1,79 milioni di posti di lavoro.
LONGOBARDI A RENZI: “RIFORME IMMEDIATE, QUADRO DA ALLARME ROSSO. GIU’ LE TASSE E PIU’ CREDITO”
“La situazione – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – è da allarme rosso. L’emorragia di posti dilavoro si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento è inevitabile.Finora il governo di Matteo Renzi ha deluso le nostre aspettative; poniamo ancora una volta l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e pure alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione, dando alle aziende la possibilità di creare nuovi posti dilavoro, si deve dare impulso al credito e vanno tagliate le tasse”. Secondo Longobardi “senza la liquidità delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale il nostro Paese non ha futuro. In questo quadro drammatico, abbiamo assistito finora purtroppo a una grande irresponsabilità dei partiti, specie quelli della maggioranza spesso divisi su questioni minori invece di pensare a salvare il Paese”. Per il presidente di Unimpresa”un ragionamento, e forse qualche ripensamento, va fatto anche in chiave europea: la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta economia tedesca pagherà il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i paesi più deboli”.
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