Secondo il rapporto, basato su dati della Banca d’Italia, la speculazione finanziaria cresce con la crisi. I dati si riferiscono alle passività sui bilanci, vale a dire le operazioni potenzialmente in perdita. Sui bilanci degli istituti di credito, alle fine del 2013 risultavano titoli derivati per 106,9 miliardi; dopo un anno è stata registrata una crescita di 4,7 miliardi (4,44%) e la massa di derivati è arrivata a 111,6 miliardi. Lieve crescita anche per i fondi di investimento di 167 milioni (+3,54%) da 4,7 miliardi a 4,8 miliardi. In salita anche i derivati in perdita delle imprese di 352 milioni (+4,76%) da 7,3 miliardi a 7,7 miliardi. Per le assicurazioni e i fondi pensione l’aumento sui 12 mesi è stato di 270 milioni (+5,06%) da 5,3 miliardi a 5,6 miliardi. Per quanto riguarda il comparto pubblico, sul bilancio dello Stato centrale l’incremento dei derivati potenzialmente in perdita è stato significativo, pari a 11,5 miliardi (+41,64%) da 27,7 miliardi a 39,2 miliardi; i conti di comuni, province e regioni hanno visto salire i derivati di 272 milioni (+26,80%) da 1 a 1,2 miliardi. Complessivamente, in Italia la massa di derivati finanziari “a rischio” ora vale 170,5 miliardi in crescita di 17,3 miliardi (+11,34%) rispetto ai 153,1 miliardi di dicembre 2014.
“Nonostante anni di rigore, austerity e tasse, lo stato di salute della finanza pubblica italiana non è ancora al meglio. E dopo un lunghissimo periodo di sacrifici, come contribuenti siamo costretti a preoccuparci” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
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