La fuga degli investitori esteri dal debito pubblico del nostro Paese è stata compensata dagli interventi di soccorso della Banca d’Italia e dalla maggiore vendita diretta di titoli di Stato alle famiglie italiane, in particolare con i “btp Italia” e con i “btp valore”. Tra il 2021 e il 2023 è calata dal 30% al 26% la quota di bot e btp detenuta da soggetti stranieri, mentre è cresciuta sia quella di Bankitalia, passata dal 22% a al 26%, sia quella dei cittadini, aumentata dall’8% a quasi l’11%. I fondi internazionali, da marzo del 2021 a marzo scorso, hanno oltre 73 miliardi in meno nei loro forzieri (-9%), mentre nelle casse di via Nazionale si trovano ben 132 miliardi in più (+22%) e nei portafogli retail ci sono 70 miliardi aggiuntivi rispetto a due anni fa (+31%). Questi i dati principali che emergono da un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale sul totale di 2.789 miliardi di debito, Bankitalia ha investito 721 miliardi, i soggetti esteri 732 miliardi, le banche 696 miliardi, i fondi italiani 695 miliardi, le famiglie 298 miliardi. «La fuga degli investitori stranieri dal debito pubblico italiano è, in prospettiva, un serio problema del quale il governo di Giorgia Meloni deve farsi carico. Se nell’immediato la questione è stata risolta grazie agli interventi della Banca d’Italia e collocando una quota sempre maggiore di titoli di Stato direttamente nei portafogli delle famiglie, nel medio-lungo periodo il nostro Paese non può permettersi di fare a meno dei grandi flussi finanziarie delle più grandi istituzioni finanziarie globali. Le risorse dei cittadini sono limitate, mentre la necessità, dello Stato, di rifinanziare ogni anno, circa 400 miliardi di titoli pubblici, è rilevante» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Per Bankitalia c’è stato un aumento sia in termini assoluti, con 132 miliardi in più acquistati, sia per quanto riguardala quota complessiva, che oggi sfiora il 26%; stesso discorso per le famiglie, con 70 miliardi in più investiti e la quota salita oltre il 10%. Per le banche, invece, se l’ammontare è salito di 7 miliardi, la quota è calata sotto il 25%. Doppio risultato negativo, invece, sia per i fondi d’investimento italiani (18 miliardi in meno e quota scesa al 12%) sia per gli investitori stranieri (73 miliardi in meno e quota scesa al 26%). Sono proprio i soggetti esteri ad aver preso maggiormente le distanze rispetto al nostro debito pubblico: avevano quasi un terzo dei titoli in circolazione, oggi sono scesi attorno a un quarto del totale.
Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, nel 2021 (i dati si riferiscono a fine marzo), il totale del debito pubblico del Paese ammontava a 2.679,5 miliardi: il 22,0%, cioè 588,1 miliardi, era della Banca d’Italia; il 25,8%, 688,7 miliardi, era detenuto dalle banche; il 13,5%, 360,6 miliardi, era posseduto da fondi e altre istituzioni finanziarie; l’8,5%, 227,1 miliardi, era nei portafogli delle famiglie; il 30,2%, 805,8 miliardi, era in mano a investitori stranieri. A marzo del 2023, il totale del debito pubblico italiano è arrivato a quota 2.789,8 miliardi: il 25,8%, ovvero 720,9 miliardi, era della Banca d’Italia; il 24,9%, 695,9 miliardi, era detenuto dalle banche; il 12,3%, 342,4 miliardi, era posseduto da fondi e altre istituzioni finanziarie; il 10,7%, 297,8 miliardi, era nei portafogli delle famiglie; il 26,3%, 732,5 miliardi, era in mano a investitori stranieri. Nel periodo in esame, il debito pubblico italiano è salito di 119,2 miliardi, con un aumento pari al 4,5%, a un ritmo medio di crescita che sfiora i 5 miliardi al mese. In termini assoluti, si è assistita a una variazione positiva di bot e btp della Banca d’Italia, cresciuti di 132,8 miliardi (+22,6%), le banche hanno titoli pubblici in più per 7,1 miliardi (+1,0%), le famiglie hanno in carico 70,6 miliardi aggiuntivi (+31,1%). È scesa, invece, di 18 miliardi (-5,0%) la fetta di obbligazioni statali detenuta dai fondi e di ben 73,2 miliardi quella sottoscritta dagli investitori stranieri (-9,1%). Se si osservano le sole quote di possesso, sono cresciute quelle della Banca d’Italia, aumentata dal 22,0% al 25,8% con 3,8 punti percentuali in più, e quella delle famiglie, salita dall’8,5% al 10,7%, con un incremento di 2,2 punti percentuali. In discesa, invece, la quota di bot e btp sottoscritta dalle banche, scesa dal 25,8% al 24,9%, in calo di 0,8 punti percentuali, quella detenuta complessivamente da fondi e istituzioni finanziarie, diminuita dal 13,5% al 12,3%, calata di 1,2 punti percentuali, e quella che fa riferimento agli investitori stranieri, calata dal 30,2% al 26,3%, con una diminuzione di 3,9 punti percentuali.
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