Per la disattivazione delle clausole di salvaguardia Iva al momento c’è una mancanza di copertura, ovvero di un “buco”, pari a oltre 5 miliardi di euro.
Per congelare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, il governo intende infatti utilizzare deficit aggiuntivo pari allo 0,6% del pil ovvero per 10,3 miliardi.
Tuttavia, il costo totale dell’intervento volto a sterilizzare l’incremento dell’imposta sul valore aggiunto si attesta a quota 15,7 miliardi.
Ne consegue che si registra una differenza di circa 5,4 miliardi: a tanto ammontano i fondi che vanno individuati a stretto giro, se si intende bloccare la crescita di tutte le aliquote Iva, a cominciare da quella ordinaria destinata a salire, in assenza di sterilizzazioni, dal 22% fino al 25%.
E’ quanto segnala il Centro studi di Unimpresa dopo aver analizzato la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza approvata sabato 23 settembre dal consiglio dei ministri.
I sei decimi di deficit aggiuntivo sono calcolati sulla differenza tra il deficit tendenziale a legislazione vigente (pari all’1,0%) e il deficit programmatico, quello cioè fissato come target da raggiungere grazie alle misure che saranno inserite nella prossima legge di bilancio (pari all’1,6%).
Nell’aggiornamento del Def non sono state indicate le misure a copertura dell’attuale gap tra i 10,3 miliardi individuati e i 15,7 miliardi di obiettivo.
La differenza di questi due valori costituisce dunque i confini del “buco” finanziario che il governo è chiamato a colmare per rispettare gli impegni presi e più volte ribaditi.
“Resta il fatto che un intervento in deficit rappresenta comunque una spudorata partita di giro perché crescerà gioco forza il debito e prima o poi il conto, sotto forma di nuove tasse, arriverà sulle tasche dei contribuenti, sia famiglie sia imprese” osserva il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
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