Stangata fiscale da quasi 80 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020. Nei prossimi quattro anni le tasse saliranno di 77,3 miliardi: dai 788 miliardi del 2016, quest’anno si arriverà a 799 miliardi per poi salire progressivamente fino agli 865 miliardi del 2020, con una impennata complessiva del 9,81%. Niente spending review: le uscite dal bilancio pubblico cresceranno sistematicamente: dagli 829 miliardi dello scorso anno si arriverà agli 874 miliardi del 2020 per un aumento complessivo di quasi 45 miliardi pari a una crescita del 5,41%. Questi i dati principali dell’operazione fact checking realizzata dal Centro studi di Unimpresa sul Documento di economia e finanza approvato martedì dal consiglio dei ministri, secondo la quale sono destinati a salire anche i versamenti allo Stato per contributi sociali e previdenziali: l’incremento, che produce effetti sul costo del lavoro per le imprese, sarà di quasi 26 miliardi. “I numeri dicono sempre la verità e smascherano le prese in giro del governo, delle quali siamo ormai stufi” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.
Secondo l’analisi dell’associazione, realizzata sulla base del Def dell’11 aprile, il totale delle entrate tributarie si attesterà a quota 499,1 miliardi alla fine del 2017; di questi, 249 miliardi sono le imposte dirette (come Irpef, Ires, Irap, Imu), 247,1 miliardi le indirette (come Iva, accise, registro) e 2,9 miliardi le altre in “conto capitale”. Si tratta di una voce del bilancio pubblico che salirà a 519,5 miliardi nel 2018 (rispettivamente 245,6 miliardi, 272,9 miliardi e 915 milioni), a 533,3 miliardi nel 2019 (rispettivamente 251,2 miliardi, 281,1 miliardi e 922 milioni), a 541,9 miliardi nel 2020 (rispettivamente 255 miliardi, 285,9 miliardi e 931 milioni). Complessivamente, considerano la variazione di ciascun anno del quadriennio in esame rispetto al 2016, l’aumento delle entrate tributarie nelle casse dello Stato sarà pari a 46 miliardi (+9,29%): le imposte dirette cresceranno di 6,5 miliardi (+2,65%), le indirette di 43,7 miliardi (18,07%) e le altre si ridurranno di 4,2 miliardi (-82,09%).
Cresceranno anche le entrate relative a contributi sociali (previdenza e assistenza): dai 224,5 miliardi del 2017 si passerà ai 232,8 miliardi del 2018, ai 241,7 miliardi del 2019, ai 247,4 miliardi del 2020. L’incremento complessivo di questa voce, che ha effetti sul costo del lavoro per le imprese, sarà pari a 25,9 miliardi (+11,73%). In salita, poi, anche le altre entrate correnti per 5,2 miliardi (+7,41%). Ne consegue che il totale delle entrate dello Stato aumenterà di 77,3 miliardi (+9,81%) rispetto al 2016 nei prossimi quattro anni: dai 799,5 miliardi del 2017 si passerà agli 826,5 miliardi del 2018, agli 850,6 miliardi del 2019 e agli 865,8 miliardi del 2020.
Nessuna variazione particolarmente significativa per la pressione fiscale, destinata a restare stabile. Il totale delle entrate dello Stato rispetto al prodotto interno lordo si attesterà al 42,3% nel 2017, al 42,8% nel 2018, al 42,8% nel 2019 e al 42,4% 2020. Tutto questo con una crescita assai modesta: il pil dovrebbe crescere, secondo il Def, dell’1,1% quest’anno, dell’1,0% nel 2018, dell’1,1% nel 2019 e nel 2020.
Accanto alla crescita delle tasse, c’è quella della spesa pubblica. La spending review pare inefficace: il totale delle uscite si attesterà a 839,1 miliardi nel 2017, a 849,3 miliardi nel 2018, a 861,3 miliardi nel 2019 e a 874,2 miliardi nel 2020. Complessivamente, rispetto al 2016 ci sarà un incremento della spesa di 44,9 miliardi (+5,41%). Saliranno le uscite correnti per complessivi 40,7 miliardi (+5,77%) e subirà un incremento anche la spesa per il servizio del debito pubblico (interessi passivi) pari a 4,8 miliardi (+7,27%). In calo, invece, la spesa in conto capitale ovvero la voce che riguarda gli investimenti pubblici, specie quelli in infrastrutture e grandi opere: lo Stato spenderà sempre meno e ci sarà un calo complessivo di 623 milioni (-1,09%).
“Le imprese – commenta il vicepresidente Pucci – avrebbero bisogno di pagare meno tasse e invece ne pagheranno sempre di più, ci sarebbe bisogno di una revisione della spesa pubblica e invece aumenteranno gli sprechi. Servirebbe uno Stato snello che spende solo per le grandi opere e riduce le entrate al minimo indispensabile. Il Def ci dice che il governo va nella direzione opposta: tassa e spende inutilmente”.
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