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Il diritto all’oblio

di Marco Massarenti, presidente di Unimpresa Sport e Tempo Libero

In Italia esiste una problematica sociale (attribuibile alle persone che hanno un vissuto oncologico) poco conosciuta o forse meglio dire finora poco considerata e che per poter essere superata e poter diventare obsoleta prevede una sfida di civiltà, una mobilitazione non indifferente e un gioco di squadra dove tutti gli attori devono essere coinvolti. Avere una neoplasia è infatti erroneamente riconducibile all’avere un’etichetta con su scritto “persona affetta da male incurabile” e proprio perché non equivale al vero è necessario sdoganare e sradicare questa mentalità e dare spazio a una nuova cultura al fine di raggiungere una guarigione sociale e smettere di vessare e censurare chi ha ricevuto tale valutazione clinica.

La diagnosi di tumore determina inevitabilmente una condizione di fragilità che può minare il ritorno alla quotidianità per questo motivo il nostro ordinamento riconosce alle persone affette tutele giuridiche ed economiche. Ma quale diritto riconosce dopo la guarigione?

Guarigione è un termine che nel campo oncologico può assumere diversi significati; ogni neoplasia ha diverse caratteristiche perciò il tempo che si impiega per decretarne la guarigione varia da tumore a tumore ma non è da sottovalutare che alcuni di questi possono essere cronicizzati garantendo al paziente una qualità di vita pari a chi non è mai stato malato.

Come ben sappiamo i pazienti oncologici con patologia pregressa anche se guariti continuano ad essere considerati inabili impedendo loro il ritorno a una vita produttiva che li costringe a ricorrere al sostegno assistenziale e previdenziale, ma non hanno però la prerogativa di potersi avvalere di altri diritti dignitosi e decorosi che per prassi dovrebbero spettare a chiunque, soprattutto a chi è in giovane età ed ha un futuro da programmare. Nel nostro Paese infatti, nella maggior parte dei casi, chi è definitivamente guarito da un tumore viene burocraticamente discriminato per alcuni aspetti importanti come l’accesso a un mutuo per l’acquisto di una casa, per la stipulazione di un’assicurazione per malattia o sulla vita, per l’eventuale richiesta di adozione e anche per quel che riguarda il settore del lavoro. Se consideriamo che sono 3,6 milioni gli italiani che hanno avuto una diagnosi di cancro e di questi 1 milione è considerato guarito è chiaro che va necessariamente trovata una soluzione che preservi tali benefici e che consideri queste persone appartenenti ad un normale status di salute. Molte sono le associazioni che si stanno muovendo a riguardo e tutte prevedono come soluzione l’attuazione della legge sul “diritto all’oblio oncologico” già emanata con un valido modello in alcuni paesi europei: Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo. Inoltre, dopo essere sfuggito per anni al mondo della politica, attualmente, in sintonia con quanto stabilito dal Cancer Plan for Europe, è stato presentato in Senato il Ddl relativo a questa legge; il testo considera guarita una persona che non ha recidive e ricadute della malattia da 10 anni e tale periodo viene ridotto a 5 per chi si ammala prima dei 21 anni.

Il diritto all’oblio fa parte della categoria di diritto alla privacy e nello specifico per diritto all’oblio oncologico si intende la facoltà, per chi è guarito da un tumore, di non dover dichiarare la malattia per l’accesso ai servizi bancari e assicurativi, per la firma di un contratto di lavoro e per le procedure di adozione. Per tali richieste infatti attualmente è necessario comunicare la propria condizione di salute, informazione che spesso è determinante per il buon esito di una domanda. Con questa legge, invece, dopo un tot di anni nessun istituto di credito, assicurativo e via dicendo avrebbe il diritto di chiedere informazioni sulla storia clinica del paziente e si eviterebbe quell’antipatico e inutile passaggio discriminativo. La scienza, e si spera che tutti i parlamentari ne prendano atto, stabilisce che i guariti hanno la stessa aspettativa di vita della popolazione generale di uguale sesso e pari età, perciò devono godere degli stessi diritti di tutte le altre persone, devono poter godere di una risanata normalità attraverso il ritorno alla vita e alla salute non solo fisica ma anche psichica e sociale.

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