«Il decreto liquidità, contrariamente a quanto enunciato stamattina dal viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, lascia alle banche la discrezione sulla valutazione del merito creditizio, della durata e delle condizioni applicabili ai prestiti. Tutto questo, con la cosiddetta “Fase 2” che è appena cominciata, aumenta la tensione delle aziende sui 400 miliardi di euro di liquidità garantita dallo Stato promessi dal governo. Soprattutto, non è ancora chiaro come e quando gli imprenditori potranno accedere ai prestiti, e a quali cifre.
La mancata erogazione in tempi brevi dei prestiti potrebbe costringere le imprese a chiudere. Pagamento dei fornitori, canoni di locazione, adempimenti fiscali e costi per la sanificazione dei locali, sono le scadenze che preoccupano di più le piccole imprese. Il bazooka annunciato dal governo, se non produce liquidità in tempi brevi, causerà migliaia di chiusure. ».
È quanto dichiara il vicepresidente di Unimpresa, secondo il quale «in relazione ai finanziamenti coperti da garanzia statale introdotti col decreto legge 23 dell’8 aprile 2020. I 25.000 euro con garanzia al 100 per cento non sono per tutti: dell’importo ammissibile alla garanzia e finanziabile dalle banche potranno usufruirne solo le imprese con ricavi da 100.000 euro in su in virtù del limite pari al 25% dei ricavi. Per chi ha ricavi più bassi, quindi, gli importi saranno proporzionalmente più bassi.
Unimpresa ha già attività una task force di monitoraggio sulle cause ostative di accesso al credito per le piccole e medie imprese che faranno ricorso al decreto e sui criteri di valutazione creditizia adottate dalle banche. Le segnalazioni verranno inviate a Banca d’Italia e Abi». Il vicepresidente di Unimpresa si chiede, poi, «cosa faranno le imprese che hanno iniziato l’attività a gennaio del 2020, sostenendo notevoli investimenti e sono state costrette a chiudere a causa del coronavirus: la liquidità rappresenti credito aggiuntivo o il debitore trovandosi in una situazione di debolezza contrattuale, si vedrà costretto ad accettare l’importo dei 25.000 euro per sostituire parzialmente o totalmente posizioni in essere con finanziamenti con garanzia pubblica?
Inoltre, lo stesso provvedimento del governo (articolo 13) stabilisce la concessione della garanzia anche in favore di imprese che presentano esposizione nei confronti del soggetto finanziatore classificate come inadempienze probabili o scadute o sconfinanti deteriorate, purché la predetta classificazione non sia precedente all 31 gennaio 2020, ma non è chiaro cosa succederà per le cosiddette imprese non in bonis».
Secondo il vicepresidente «il governo ha dimenticato che la crisi si era fatta già sentire prima del coronavirus e molte imprese erano già indebitate con le banche. Oggi più che mai occorre intervenire in tempi rapidi rivedendo le regole e allargando le maglie del credito per evitare che la criminalità organizzata possa finanziare le imprese. Ed è per questo che chiediamo al governo la predisposizione di appositi bandi di finanziamento con una parte a fondo perduto, per le imprese non bancabili».
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