Diventano più cari, per le imprese, i finanziamenti bancari con garanzia pubblica: il decreto-legge “sostegni bis” infatti cancella il tetto, pari a circa il 2%, agli interessi praticati dalle banche sui prestiti, garantiti dallo Stato attraverso il Mediocredito centrale, fino a 30.000 euro. Lo segnala il Centro studi di Unimpresa che ha analizzato il testo del nuovo provvedimento del governo con i sostegni economici per le aziende italiane colpite dalla crisi causata dal Covid. Tra le altre novità peggiorative delle norme d’urgenza, la riduzione della percentuale della garanzia dello Stato: scende dal dal 100% al 90% per i finanziamenti fino a 30.000 euro, mentre cala dal 90% all’80% per quelli superiori a superiori 30.000 euro. La garanzia pubblica è al 90% dell’importo per le operazioni di ristrutturazione di vecchie linee di credito. In particolare, spiega Unimpresa, questa misura si traduce soprattutto in una agevolazione significativa per le banche che potranno approfittare del “paracadute” dello Stato per mitigare il rischio di credito sulle esposizioni più “pericolose”: tutto ciò con effetti positivi sui bilanci del settore bancario, sicuramente con risvolti meno favorevoli sulla liquidità delle piccole e medie imprese. Unico elemento positivo è l’estensione della garanzia pubblica da 6 a 10 anni.
Quanto alle moratorie, cioè alla sospensione del pagamento delle rate, precisa il Centro studi di Unimpresa, il congelamento è stato prorogato dal 30 giugno al 31 dicembre. Tuttavia, occorre spiegare che anzitutto la proroga non è automatica: sarà cura dell’impresa chiedere alla banca, anche con una richiesta semplice via e-mail da inviare entro il 15 giugno, di prolungare la sospensione. Inoltre, la norma del decreto sostegni bis, per aggirare i “paletti” imposti dalle norme che vietano gli aiuti di Stato illegittimi, limita alla sola quota capitale la moratoria: ne consegue che dal giorno 1 luglio, le imprese dovranno tornare a restituire agli istituti la quota della rata relativa agli interessi. Quota che, secondo il piano di ammortamento, può avere una incidenza sulla rata assai variabile: può rappresentare, infatti, il 10-15% dell’importo, ma, se il piano di rimborso è all’inizio, è superiore al 50-60% dell’ammontare complessivo della rata.
«L’effetto cumulativo delle disposizioni introdotte dal governo col decreto “sostegni bis” è una contrazione della liquidità delle imprese italiane: che non solo si troveranno a pagare maggiori tassi sui nuovi finanziamenti garantiti, peraltro con meno protezione dello Stato e quindi con uno scontato taglio all’importo erogato, ma dovranno anche cominciare a versare gli interessi sui finanziamenti congelati, con conseguenze assai negative sulla cassa ovvero sul denaro che gli imprenditori, specie quelli più piccoli, utilizzano per pagare gli stipendi dei dipendenti e per saldare le fatture dei fornitori» commenta il vicepresidente di Unimpresa. «La scelta del governo è suicida: si crea un danno diretto alle imprese e, a cascata, un danno per l’economia in generale, perché se non ci saranno tutti i soldi necessari a pagare gli stipendi, si assisterà inevitabilmente a una contrazione dei consumi, con la crescita economica, per ora in rimbalzo dopo la caduta drammatica del 2020, che potrebbe fermarsi repentinamente» aggiunge il vicepresidente di Unimpresa.
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