Cassa integrazione a carico delle aziende: 9 delle 18 settimane che dovrebbero essere concesse di sussidio Covid-19, saranno in parte finanziate dalle stesse imprese che arriveranno a versare all’Inps per il suo utilizzo fino al 18% delle retribuzioni.
È quanto emerge da un documento del consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi, secondo il quale «ai nostri imprenditori che da mesi non riescono a riaccendere i motori delle loro aziende, e a cui viene imposto di non licenziare, adesso viene richiesto anche di contribuire al pagamento della cassa integrazione. Non riusciamo davvero a comprendere come il governo si ostini ad utilizzare un indicatore, quale quello del calo di fatturato, per individuare un’azienda in difficoltà. Il nuovo decreto infatti chiederà alle imprese di poter accedere a tale strumento e di finanziare al tempo stesso l’ammortizzatore sociale, sulla base di un “non indicatore” ovvero il calo di fatturato del primo semestre 2020, ignorando la differenza che esiste tra fatturato e incassato, ovvero ignorando quella che è la realtà della pressoché totalità delle imprese produttrici del nostro Paese, che nel periodo immediatamente precedente al lockdown si sono trovate a fatturare tutta la merce prodotta e spedita nel primo trimestre 2020 salvo poi non incassare nulla per le note vicende che hanno colpito il mercato, chiaro sentore della lontananza di questo esecutivo dalla realtà del territorio».
Secondo Assi «le richieste delle imprese, dei lavoratori, dei professionisti, sono state ancora una volta ignorate, ci si attendeva un intervento strutturale sugli ammortizzatori sociali gridato a gran voce anche dai consulenti del lavoro, con una vera riforma degli stessi che prevedesse un unico strumento, di facile accesso e soprattutto di reale aiuto ai lavoratori ed alle loro famiglie, invece ci si è trovati di fonte alla solita “aspirina” che non potrà guarire un malato grave». Nel documento, il consigliere nazionale di Unimpresa scrive che «ci troviamo di fronte a delle misure in tema di lavoro che hanno l’unico obiettivo di cercare un consenso politico nel breve anziché risollevare davvero in maniera strutturale le sorti delle nostre imprese e dei loro lavoratori. Ben 109 articoli senza lasciare intravedere una linea di rilancio strutturale del nostro Paese: concedere 18 settimane di cassa integrazione a tariffe da fame e per di più farle pagare alle nostre imprese non può che essere considerata una misura bluff. Viene lasciato ai lavoratori un sostegno da terzo mondo, perché 4,50 all’ora (ben al di sotto del 50% dei salari medi) ad un padre di famiglia non può che essere chiamato così».
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