«La decisione della Fed di oggi, che dovrebbe lasciare i tassi invariati, darà maggior valore a quanto deciso il 6 giugno dalla Bce, che ha ridotto il costo del denaro di 25 punti base: si tratta di un momento cruciale nella politica monetaria globale. Questo cambiamento di approccio sottolinea non solo le diverse condizioni economiche e pressioni inflazionistiche tra Europa e Stati Uniti, ma anche una crescente voglia di indipendenza della Banca centrale europea nel determinare il proprio percorso di politica monetaria, che sembra voler tracciare una rotta di indipendenza tra il Vecchio continente e Usa. La mossa di Francoforte potrebbe inaugurare una nuova fase di maggiore autonomia e proattività nelle politiche economiche dell’Eurozona, segnando una svolta rispetto al passato dove le decisioni della Federal reserve americana spesso tracciavano la linea per le altre banche centrali. Il futuro prossimo vedrà se questa strategia della Bce porterà ai risultati sperati, soprattutto in termini di controllo dell’inflazione e di stimolo alla crescita economica, senza innescare eccessive turbolenze nei mercati finanziari». È quanto si legge in un report del Centro studi di Unimpresa, a commento della riunione della Federal reserve americana di oggi. «La decisione della Bce di tagliare i tassi in un momento in cui la Fed ha scelto di mantenerli invariati ha implicazioni significative. Da un lato, essa riflette un riconoscimento delle diverse condizioni economiche e pressioni inflazionistiche che prevalgono nelle due regioni. Dall’altro, segnala una maggiore autonomia della Banca centrale europea nel definire la propria politica monetaria, senza seguire necessariamente l’esempio della Fed. Tale indipendenza potrebbe essere vista come un segnale di forza e di fiducia nella capacità della Bce di gestire l’economia dell’Eurozona in modo autonomo. Tuttavia, essa porta con sé anche il rischio di divergenze nelle politiche monetarie globali, che potrebbero avere implicazioni per i mercati finanziari internazionali e per la stabilità economica globale» spiegano gli esperti dell’associazione.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, «la imminente decisione della Federal Reserve di mantenere invariati i tassi di interesse rappresenterà un punto di svolta significativo nel panorama economico globale, specialmente se considerata in relazione alla decisione della Banca centrale europea di tagliare i tassi di interesse di 25 punti base lo scorso 6 giugno, portando il tasso base di riferimento al 4,25%. La scelta della Bce, in un contesto dove la Fed ha adottato una posizione di attesa, assume un rilievo politico ed economico ancora più marcato. Tradizionalmente, la Fed ha esercitato un’influenza dominante sulle politiche monetarie delle banche centrali occidentali, fungendo da guida nel determinare le direzioni di politica economica globali. La decisione della Bce di agire indipendentemente e in anticipo rispetto alla Fed rappresenta quindi un evento senza precedenti negli ultimi anni, segnando un’inversione di tendenza che merita un’attenta analisi».
Per gli analisti di Unimpresa «la Bce ha giustificato il taglio dei tassi con una revisione al rialzo delle previsioni di inflazione per il 2024-2025. La revisione riguarda anche le componenti di fondo dell’inflazione, indicando pressioni interne sui prezzi maggiori rispetto a quanto inizialmente previsto. Al contrario, la Fed sceglie di mantenere i tassi fermi, influenzata dai dati sull’inflazione che mostrano una certa stabilità, con l’indice annuale ad aprile tra il 2,7% e il 2,8%. Una divergenza nelle decisioni delle due principali banche centrali del mondo che riflette differenze nelle rispettive letture delle pressioni inflazionistiche e nelle strategie adottate per affrontarle. Se la Bce sembra aver optato per un approccio preventivo, cercando di contenere le aspettative di inflazione e di stimolare l’economia in un contesto di crescente incertezza economica globale, la Fed, dal canto suo, adotta una posizione di attesa, preferendo monitorare ulteriormente i dati economici prima di effettuare ulteriori aggiustamenti di politica monetaria».
Nel report sui tassi, il Centro studi di Unimpresa spiega che «le condizioni finanziarie rappresentano un altro elemento di differenziazione tra le due politiche monetarie. La Fed ha osservato un movimento verso un maggiore accomodamento monetario, con un’indicazione di ripresa dell’offerta di moneta, mentre la Bce ha rilevato pressioni interne sui prezzi derivanti anche da un incremento delle spese federali e da salari orari ancora elevati, nonostante un rallentamento. Il mercato del lavoro continua a giocare un ruolo cruciale nelle decisioni delle banche centrali. Negli Stati Uniti, la Fed ha riconosciuto che, sebbene i posti di lavoro vacanti siano in calo rispetto a marzo 2022, sono ancora a livelli elevati rispetto al periodo prepandemico. La Bce, dal suo punto di vista, ha sottolineato che l’incremento dei salari orari, pur rallentando, continua a mantenere una certa pressione inflazionistica. Un elemento chiave nella recente decisione della Bce è la revisione delle prospettive di inflazione, che ha indicato maggiori pressioni sui prezzi rispetto a quanto previsto a marzo. Questo, insieme all’assenza di indicazioni sulle prossime mosse, conferma un approccio cauto e flessibile, con l’Eurotower che si riserva di adattare le sue politiche sulla base dell’evoluzione dei dati economici. L’attenzione si sposta quindi sulle future proiezioni macroeconomiche e sulla capacità di Francoforte di anticipare ulteriori necessità di intervento. La Fed, invece, ha mantenuto una posizione attendista, con l’obiettivo di monitorare l’evoluzione dell’inflazione e delle condizioni economiche prima di intraprendere ulteriori azioni. Questo approccio riflette una certa prudenza nel voler vedere progressi più chiari sul fronte dell’inflazione e del mercato del lavoro».
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